(Adnkronos) – E’ stata una giornata surreale, sospesa, quella che si è srotolata a Palazzo Chigi nel giorno segnato, e destinato a passare alla storia, dalla morte di Silvio Berlusconi. Nell’immediato il premier Giorgia Meloni ha annullato tutti gli appuntamenti istituzionali in agenda, a partire dalla visita a Palazzo Chigi del presidente iracheno Abdul Latif Rashid, in visita al Quirinale mentre la notizia della morte del Cavaliere ha iniziato a rimbalzare sui siti nazionali e internazionali.
Ha tardato persino ad arrivare un suo commento, nonostante la premier fosse arrivata a Palazzo Chigi da un po’. Sulle agenzie si susseguivano le parole di cordoglio dei leader, di maggioranza e opposizione, ma si attendeva soprattutto che parlasse lei, la presidente del Consiglio. Che attorno a mezzogiorno ha rotto il silenzio con un video in cui ha rimarcato l’essere “soprattutto un combattente” di Berlusconi, un uomo “che non aveva mai avuto paura a difendere le sue convinzioni”. E che per primo l’aveva voluta nel suo governo, ministro della Gioventù a soli 31 anni.
Intanto a Palazzo Chigi il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ha firmato una disposizione che decreta il lutto nazionale mercoledì, giorno dei funerali di Stato, e bandiere a mezz’asta a partire da ieri in tutti gli uffici pubblici del Paese, oltre che nelle ambasciate e nei consolati italiani nel mondo. Non c’è stato bisogno di un Consiglio dei ministri lampo per dare il disco verde alle esequie di Stato, perché Berlusconi è stato premier, per ben 4 volte per giunta, i funerali di Stato gli spettano di diritto.
Domani al Duomo ci saranno tutti, compreso il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, mentre Meloni potrebbe raggiungere Arcore già oggi – il governo naturalmente sarà in Duomo al gran completo. Tutti uniti, nonostante l’esecutivo mai come oggi sembri tentennare di fronte alla scomparsa di una delle sue colonne portanti.
Da oggi “sarà più difficile mettere d’accordo tutti” ha ammesso per primo un costernato Matteo Salvini, la voce rotta dalla commozione. In Forza Italia ora si teme il liberi tutti, ovvero che il partito -lasciato senza guida- si avvii ora a una guerra interna senza esclusioni di fendenti. Con tutti i contraccolpi del caso sulla tenuta del governo, che da oggi potrebbe perdere il partito ‘cuscinetto’, che oliava gli ingranaggi dai granelli di sabbia delle contese tra Fdi e Lega. E’ stata la stessa premier, intervistata dal Tg5, a serrare le file dell’esecutivo, rispondendo, al direttore Clemente Mimun che le domanda se ora sapranno andare avanti senza litigare, con un drittissimo “glielo dobbiamo”. E indicando la rotta: “riforma istituzionale, taglio delle tasse e delega fiscale” per onorarne la memoria.
Il governo che oggi la vede alla guida è nato anche dal “contributo” di Berlusconi di cui la premier si dice “molto fiera”: “Anche quella è stata una delle sue tante grandi eredità e, chiaramente, per noi oggi questa è una responsabilità in più e non è facile perché bene o male lui, oltre a essere il collante, era anche quello che tra noi aveva più esperienza. Per questo averlo, potersi confrontare con lui era un elemento che ti tranquillizzava in tante cose. Lui c’era passato prima e aveva fatto bene”.
Visibilmente provata, Meloni ha raccontato al direttore Clemente Mimun che apprenderne la scomparsa “è stato pesante, non me lo aspettavo, lo avevo sentito sabato pomeriggio e avevamo parlato parecchio, io e lui in questo periodo parlavamo soprattutto di politica internazionale. Io penso che sul piano della politica internazionale Berlusconi sia stato il migliore presidente che l’Italia abbia avuto, dunque mi interessava molto il suo punto di vista. Era alla vigilia del mio viaggio in Tunisia, era affaticato ma determinato, ci eravamo detti che dovevamo vederci, che avavamo molto da discutere, quindi lo avevo trovato bene”.
Lo sguardo rivolto al futuro nella visita che l’aveva vista al San Raffaele, “quando sono uscita – ha ricordato – mi sono detta ‘sta bene’. Cioè sicuramente era provato fisicamente, era normale, ma non si era dato per vinto ed è quel che per me contava”. Ora è il momento della commozione, dell’affetto, della gratitudine. Ma è inevitabile pensare alle nubi che si delineano all’orizzonte, anche in vista delle prossime europee e degli assetti che arriveranno a Strasburgo e Bruxelles. In questo Forza Italia gioca un ruolo determinante, vista la sua storica presenza nel Ppe a cui Meloni, oggi, guarda.
E se il partito berlusconiano implodesse, lo scotto lo pagherebbe il governo per intero, assumendo una connotazione molto più sovranista in Europa, smarrendo la componente più moderata incarnata da FI e, in particolare, dal vicepremier Antonio Tajani. Pensieri che oggi rimbalzano con forza ma che Meloni intende mettere in stand-by, pronta a raggiungere Arcore forse già nel pomeriggio di domani per offrire conforto. E assicurare che il governo terrà ferma la rotta: “glielo dobbiamo”, e quanto ha detto non solo davanti alla telecamera del tg5, ma che va ripetendo anche ai suoi più stretti collaboratori.