(Adnkronos) – Pergamena e tocco per il dottor Carlo Ancelotti. Oggi l’Università di Parma ha celebrato il grande calciatore e tecnico con la Laurea Magistrale ad honorem in Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate, in un Auditorium Paganini stracolmo. Presenti fra gli altri Arrigo Sacchi, Ariedo Braida, Vincenzo Pincolini, il tecnico del Parma Fabio Pecchia, il Sindaco Michele Guerra, il Presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e tante e tanti tifosi di calcio, venuti a omaggiare ‘Re Carlo’.
Ancelotti è semplicemente una leggenda, come calciatore e come allenatore. Ha vinto praticamente tutto, ha giocato con alcuni dei più grandi campioni del calcio di tutti i tempi o li ha avuti in squadra da tecnico. È l’unico “Mister” nella storia del calcio ad avere vinto il titolo nei cinque principali campionati europei (con squadre del calibro di Milan, Chelsea, Paris Saint Germain, Bayern Monaco e Real Madrid), è l’unico ad avere nel suo palmarès quattro Uefa Champions League, peraltro vinte due volte con due squadre diverse (Milan e Real Madrid). Oltre a un’infinità di altri trionfi nazionali e internazionali.
“Quando mi chiamano dottore mi piace. Quindi, ai miei giocatori dirò: sì, mi potete chiamare dottore”, ha detto. “Qualcuno potrebbe dire che mi sono laureato avendo fatto pochi esami, in realtà ne ho fatti tanti e ne continuo a fare”, ha aggiunto Ancelotti che durante la sua lectio magistralis ha spiegato come “in un gruppo di lavoro il leader deve avere la forza di delegare per responsabilizzare e motivare i suoi collaboratori, perché la forza di un gruppo è sempre più forte di quella di un individuo solo. Io sono calmo, tranquillo e molto paziente, questo é un mondo dove l’equilibrio ha una componente importante e il mio carattere mi ha aiutato a gestire bene sia le vittorie che le sconfitte”.
Il tecnico merengues ha poi concluso: “E’ stato un viaggio lunghissimo, intenso, appassionate e continua. La cosa più importante è che è una questione di passione, quello che mi ha permesso di attraversare questi 44 anni, e la passione non la compri al mercato. Sono molto appassionato di calcio, non so perché, mio padre non era un ex calciatore, ma è venuta giocando con gli amici”. L’allenatore del Real Madrid ha poi ringraziato la sua famiglia e commosso, con la voce rotta ha aggiunto che “ho anche 5 nipoti che mi ricordano che sono nonno e mi ricordano che non sono più il bambino arrivato a Parma nel 1975”.
“In un mondo come quello del calcio, spesso molto ‘urlato’ e non di rado sopra le righe, Ancelotti ha scelto una strada tutta sua e tutta diversa. Quella del lavoro fatto in silenzio e senza alzare la voce, sempre con i piedi per terra, del fair play, del rispetto delle persone e del loro lavoro, della correttezza e dell’umiltà, dello studio: studio delle partite, degli avversari, degli schemi, dei giocatori, per impostare una propria strategia. Così, senza alzare la voce e puntando sul lavoro e sulla preparazione, questo ragazzo partito da Reggiolo ha vinto praticamente tutto ed è arrivato sul tetto del mondo. Ed è diventato un Maestro”, ha detto il Rettore Paolo Andrei nel suo intervento, dopo che la studentessa-atleta Ayomide Folorunso aveva portato sul palco la mazza rettorale e dopo l’esibizione del duo d’arpe formato da Agatha Bocedi e Anastasiia Volkomorova, allieve del Conservatorio Arrigo Boito.
La motivazione del conferimento è stata letta da Prisco Mirandola, Presidente del Corso di Laurea Magistrale in Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate, che ha parlato di “esempio per i valori che lo sport vuole trasmettere per la salute, l’inclusione, la valorizzazione e crescita del singolo e delle comunità rappresentate nei giochi di squadra”, mentre la laudatio per il laureando è stata pronunciata a due voci da Marco Vitale, Delegato del Rettore per lo Sport e Presidente del Comitato per lo sport universitario, e Luigi Garlando, giornalista della Gazzetta dello sport.
Da Carlo Ancelotti, che ha pronunciato una lectio doctoralis significativamente intitolata Il calcio: una scuola di vita, un grande grazie all’Ateneo e a tutte le persone arrivate lì per lui: “Il calcio mi ha insegnato tante cose: la relazione con le altre persone, il rispetto degli altri, il rispetto delle regole, il rispetto dell’autorità, l’impegno, a gestire un gruppo, a saper ascoltare, a stare al passo con i tempi che cambiano”. E ancora: “La differenza tra un grande giocatore e un grande campione è che il grande campione riesce a mettere il proprio talento al servizio degli altri. La differenza è tra egoismo e altruismo”. Sulla sua carriera: “È stato un viaggio lunghissimo, bello, intenso, appassionante, e continua a esserlo. La cosa più importante è la passione, e la passione non è che la compri al mercato. A me il calcio piace, piace moltissimo: non ha mai appresentato per me né un sacrificio né un lavoro”.