(Adnkronos) – Il sistema produttivo dei farmaci generici è stretto tra l’incudine dei prezzi e il martello dei costi produttivi. Un mix che rende sempre più vulnerabili le lunghe catene di approvvigionamento gravate anche dalla dipendenza da un’unica fonte o area geografica. La quota di produzione globale di principi attivi Api (Active Pharmaceutical Ingredients) in Europa è scesa dal 53% del 2000 all’attuale 25%, mentre in Cina è sempre più aumentata fino a rappresentare oggi oltre il 20% delle nuove registrazioni. Cina e India forniscono ai mercati dell’Unione Europea oltre il 56% del fabbisogno di principi attivi: considerando anche i prodotti intermedi la dipendenza si acuisce raggiungendo una quota pari al 74%. Sono i dati nazionali ed europei dell’Osservatorio Nomisma edizione 2023, sul ‘Sistema dei farmaci generici in Italia’, presentati oggi a Roma e illustrati da Lucio Poma, chief economist di Nomisma e coordinatore scientifico dello studio.
Per evitare una altrimenti inevitabile carenza strutturale di medicinali – il 69% commercializzato da 1-2 imprese – servono misure urgenti per salvaguardare la biodiversità ‘interna’ del comparto farmaceutico, si è ricordato nel corso dell’evento, che ha visto la partecipazione di rappresentanti del mondo istituzionale, del panorama industriale e degli operatori del mondo sanitario. Il report – ricorda una nota – mette a fuoco il cambiamento strutturale del contesto competitivo e i conseguenti segnali di forte sofferenza del settore registrati in tutti i principali Paesi europei, descritto attraverso l’analisi dei dati e delle politiche di contrasto alle interruzioni della catena di fornitura dei medicinali fuori brevetto, insieme a una serie di interviste ai vertici europei delle aziende del settore dei farmaci generici che operano sui mercati internazionali.
Sul versante dei costi a livello europeo, secondo i dati di Medicines for Europe, nel 2022 i costi di trasporto sono cresciuti fino al 500%, quelli della materia prima tra il 50% e il 160%; i costi del packaging tra il 20% e il 33%. I prezzi dell’energia hanno segnato +65% nel gas e +30% nell’elettricità. Le imprese, non potendo operare sul fronte dei prezzi, hanno dovuto assorbire questa impennata dei costi produttivi, riadattando i processi di approvvigionamento e comprimendo le marginalità industriali. Il risultato – nuovo e inatteso – è sotto gli occhi di tutti: c’è carenza di farmaci su diversi mercati europei.
In 10 anni – segnala Nomisma – sono scomparsi dai mercati europei il 26% dei farmaci equivalenti, il 33% degli antibiotici e il 40% dei farmaci oncologici. In relazione ai soli antibiotici, si è osservata la scomparsa di 16 tipologie in Polonia, 11 in Spagna e 10 in Francia. In Italia, su due farmaci largamente utilizzati nella pratica clinica – un antibiotico e un antitumorale – il numero di fornitori è sceso rispettivamente da 10 a 3 e da 18 a 2. Il dato è lo specchio anche del processo di consolidamento che ha coinvolto le aziende presenti nel mercato: nel 2022 il 69% dei farmaci generici commercializzati in Europa ha fatto riferimento a meno di 2 imprese, un ulteriore 9% solamente a tre imprese.
Scendendo nel dettaglio, oggi il 56% degli antibiotici e il 70% dei farmaci oncologici fanno riferimento a meno di 2 imprese (rispettivamente il 52% e 67% nel 2012). In diverse tipologie di medicinali il numero di aziende produttrici è sceso drasticamente nell’ordine del 30-40%, lasciando solo un fornitore o due nella maggior parte dei Paesi. L’impoverimento del tessuto industriale con l’uscita di alcuni operatori dal mercato e la perdita di farmaci a disposizione dei pazienti sta mettendo a nudo le fragilità del settore. “Non ci sono scorte di riserva nel sistema sanitario – afferma nelle interviste un rappresentante delle imprese -. Ci vogliono 6-8 mesi perché altre aziende si organizzino per produrre un medicinale se è economicamente vantaggioso. E in caso di gara d’appalto le aziende impiegano 3-6 mesi per produrre, confezionare e spedire”.