(Adnkronos) – “Dicci solo che stai bene”, “finiscila con questa storia e batti un colpo”. Alessandro Impagnatiello aveva giù ucciso Giulia Tramontano ma le scriveva messaggi, allo scopo – secondo gli inquirenti – di depistare le indagini sulla sua scomparsa. Si lamentava di avere i “giornalisti” che “mi stanno molestando sotto casa. Ti prego – supplicava la donna morta quattro giorni prima – è invivibile così”.
Impagnatiello inizia a inviare messaggi dalla mezzanotte di sabato, poche ore dopo aver ucciso la 29enne. La mattina successiva le scrive dal lavoro, raccomandandole di riposarsi. E di fronte al silenzio di lei, ormai morta: “Hey ma sei ancora a letto?”. E così per tutta la giornata di domenica, quando viene sporta la denuncia di scomparsa.
I messaggi proseguono anche nei giorni successivi, mentre continua la disperata ricerca della 29enne. “So che non son stato un fidanzato ideale negli ultimi mesi. Ti ho mancato di rispetto. A te che sei stata la prima ed unica ragazza ad avere accolto mio figlio”, scrive Impagnatiello, già padre di un bambino avuto da una precedente relazione. “Mi hai fatto esplodere il cuore. Non volevo spezzare il tuo io invece. Non volevo che non ti brillassero più gli occhi quando stavamo insieme. Hai il pieno delle ragioni, ma voglio chiederti solo un favore: dicci solo che stai bene”, le parole che rivolge alla donna che ha ucciso due giorni prima.
La mattina del 31 maggio, dopo aver lasciato – stando alla confessione fatta la notte successiva – il corpo di Giulia in un’intercapedine, Alessandro le scrive ancora, chiamandola affettuosamente “Tata”. E dopo essersi lamentato dei giornalisti sotto casa, “Siamo al quarto giorno oggi, finiscila con questa storia e batti un colpo, ti supplico”. E’ l’ultimo messaggio, poche ore dopo Impagnatiello, di fronte alle prove ormai evidenti raccolte contro di lui dagli inquirenti, confesserà l’omicidio, facendo ritrovare il corpo della 29enne incinta.
“Giuliet, Tata, ti giuro, non ho minimamente idea di chi sia quel rossetto, non so da quanto, né perché sia in macchina”. Così, in decine di messaggi inviati a Giulia Tramontano tra il 9 e il 10 maggio scorsi, Alessandro Impagnatiello negava le prove del suo tradimento. La 29enne incinta, che a gennaio aveva saputo che il compagno aveva un’altra relazione e a maggio continuava a nutrire sospetti sulla sua fedeltà, ne trova conferma nell’auto del 30enne: la cassa d’acqua appoggiata sul sedile del passeggero anteriore è stata spostata dietro e per terra c’è un rossetto.
“Mio non è, quindi è di qualcuno che è stato dal lato passeggero e gli sarà caduto. Chi è entrato in macchina?”, chiede ripetutamente Giulia sulle chat agli atti degli inquirenti. E lui: “Non è salito nessuno nella mia macchina. Non so proprio cosa dire, baby! Giuro!”. “Rispondi come si deve, sennò mi vedrai nel binocolo. Deficiente non sono”, lo incalza la compagna, ma Impagnatiello non cede: “Giulia non ho fatto niente, Dio mio! Amore non so di chi sia, giuro. Ti prego”.
Su whatsapp i due tornano a discutere del rossetto trovato in auto giorni dopo: è il pomeriggio del 27 maggio, Giulia è stata contattata dall’altra ragazza con cui il 30enne ha una relazione. Le due, che si stanno per incontrare, si sono confidate, smascherando l’una all’altra le menzogne dell’uomo cui sono entrambe legate. “Il labello era suo” scrive la 29enne a Impagnatiello, poche ore prima di venire uccisa.