(Adnkronos) – Non solo la caccia al coltello utilizzato per uccidere Giulia Tramontano – con il sequestro di un intero ceppo – ma anche la ricerca di impronte digitali e di scarpe, macchie di sangue – copiose a detta del luminol – e l’esito dell’autopsia sul corpo della compagna di Alessandro Impagnatiello. E’ da tutti questi elementi che i carabinieri della Sezione investigazioni scientifiche di Milano, che hanno lavorato per l’intera giornata nell’abitazione di Senago, cercano di aggiungere dettagli e conferme a quanto accaduto nell’appartamento di via Novella a Senago dove la giovane, al settimo mese di gravidanza, è stata uccisa dal compagno sabato 27 maggio.
Quella di ieri è stata una giornata di sequestri e rilievi, terminati attorno alle 22. Dopo l’abitazione, esaminata per oltre 7 ore, i militari in serata hanno effettuato accertamenti nel garage e nella cantina al piano interrato, in cui il barman 30enne ha confessato di aver nascosto il corpo di Giulia, prima di gettarlo in un’intercapedine dietro a dei box a qualche centinaio di metri di distanza, in via Monte Rosa. Gli accertamenti – a quanto si apprende – hanno dato esito positivo: sono state repertate diverse tracce ematiche, il ceppo di coltelli indicato da Impagnatiello e una pellicola trasparente, compatibile con quella utilizzata, tra l’altro, per avvolgere il cadavere.
Oggi inizieranno le analisi alla ricerca di impronte che possano dare conferme alla versione del reo confesso oppure raccontare un’altra storia di quanto accaduto nell’abitazione, poi lungo le scale fino alla cantina e poi al garage. E sarà anche il corpo di Giulia, l’autopsia è in programma venerdì, a raccontare al personale di Medicina legale se la giovane si è difesa, quante volte è stata colpita e quando è stata uccisa e abbandonata in via Monte Rosa, a circa 500 metri dalla casa in cui viveva.
Giulia Tramontano con un cappello da spiaggia, Alessandro Impagnatiello che l’abbraccia sorridente, alle loro spalle il mare: è la fotografia, stampata in grandi dimensioni e appesa al muro dell’appartamento dove la coppia viveva. Lo scatto è stato illuminato dai carabinieri.
Una fotografia a cui lo stesso Impagnatiello faceva riferimento nei messaggi whatsapp inviati a Giulia nei giorni successivi all’omicidio, per sviare – secondo gli inquirenti – le indagini sulla scomparsa della 29enne. “Prima in casa continuavo a guardare la nostra foto di Ibiza”, quella di cui “abbiamo fatto il quadro”, scriveva il barman all’utenza di Giulia la sera del 29 maggio, due giorni dopo averla uccisa. “So che non sono stato un fidanzato ideale negli ultimi mesi, ti ho mancato di rispetto”, proseguiva Impagnatiello, arrivando a pregare Giulia, già morta: “Dicci solo che stai bene. Dicci solo che sei fuggita in qualche paese lontano per buttare giù tutto. Solo questo, ti prego”. Poi, il giorno successivo: “L’ho messa come sfondo comunque”. La coppia era stata in vacanza a Ibiza ad aprile, poco più di un mese prima dell’omicidio.
Intanto emerge che Impagnatiello e la madre Sabrina Paulis sarebbero andati in un bar a qualche decina di metri dal luogo dove è stato trovato il corpo senza vita della vittima per chiedere informazioni sulla presenza di telecamere all’esterno del locale. Domande poste il lunedì, due giorni dopo la morte di Giulia quando della ragazza non si avevano ancora notizie, ma il suo cadavere era nascosto nella cantina dell’abitazione di Senago. Lo avrebbe confermato agli investigatori il gestore del locale.
L’elemento investigativo è uno dei tanti che deve essere valutato per scongiurare la presenza di complici in una fase successiva al delitto, ossia quando il 30enne ha nascosto il corpo della fidanzata e poi ha ripulito l’intero appartamento di Senago. Quella richiesta, per chi all’oscuro dell’omicidio, può essere letta proprio come un tentativo di cercare immagini che potessero immortalare Giulia e magari un suo allontanamento volontario, una volta scoperto il tradimento. “Non c’è nessun nuovo indagato” spiegano dalla procura.
La verità, agli occhi del reo confesso Alessandro, è ben diversa: Giulia era già morta sabato 27 maggio, quindi dopo il tentativo di bruciare il corpo – e forse alcuni suoi oggetti come il passaporto (mai trovato) – la trascina in cantina, poi nel garage, prima di abbandonarla in via Monte Rosa. Per gli inquirenti, l’aggiunto Letizia Mannella e il pm Alessia Menegazzo, l’intento del barman – descritto come un narcisista e un manipolatore – “era prima di simulare una sparizione della giovane, quindi di fingere un suicidio, laddove il suo corpo fosse stato trovato”.