(Adnkronos) – Nel sangue, nei capelli e nei tessuti di Giulia Tramontano, uccisa a coltellate dal compagno Giuseppe Impagnatiello, così come sul feto che portava in grembo, sono state trovate tracce di bromadiolone, l’anticoagulante più tossico tra quelli annoverati nella categoria del veleno per topi. E’ quanto emerge nella relazione medico-legale sul corpo della 29enne incinta, al settimo mese, del piccolo Thiago. Secondo gli esperti di Medicina legale di Milano non si può determinare se questo elemento è frutto “di più somministrazioni a basse dosi” o di un’unica più elevata, ma sicuramente “nell’ultimo mese e mezzo”, prima del delitto, c’è stato un incremento nella somministrazione da parte di Impagnatiello del veleno.
Topicida che non è stata la causa di morte di Giulia, uccisa con 37 coltellate e morta dissanguata come Thiago. La 29enne non ha avuto neppure il tempo di difendersi, assenti i tagli su mani e braccia tipici dell’autodifesa, mentre l’autospia restituisce la mappa delle ferite al collo, al viso e al torace.
Dalla relazione dei carabinieri emerge che l’indagato a partire dal dicembre 2022 ha fatto ricerche web per capire “quanto veleno è necessario per uccidere una persona” e da alcune chat, una con un’amica, Giulia si sarebbe lamentata di sentirsi “una pezza” dopo aver bevuto una bevanda calda. Una suggestione o forse un’avvisaglia impossibile da immaginare per la 29enne in attesa del suo primo figlio. Le ricerche, iniziate mesi prima dell’omicidio, potrebbero essere un elemento non da poco nel processo: per l’accusa sono la dimostrazione della premeditazione, aggravante finora esclusa dal gip di Milano Laura Minerva.
Giulia, secondo quanto emerge dalla relazione, non è morta dopo la prima coltellata, ma la lama del coltello da cucina impugnata dal compagno ha affondato per ben 37 volte sul suo colpo prima che la giovane morisse dissanguata. E’ morto di conseguenza anche il piccolo Thiago che la 29enne portava in grembo. Un elemento che rende il delitto ancora più atroce e che potrebbe tradursi, in aula, nell’aggravante della crudeltà contestata dalla procura fin dal primo istante.