(Adnkronos) – Sia i miliziani di Hamas, sia l’esercito israeliano avrebbero commesso
crimini di guerra dal 7 ottobre, ossia da quando Hamas ha lanciato l’attacco senza precedenti contro Israele e le Forze della difesa israeliana hanno risposto bombardando la Striscia di Gaza. Ne sono convinti gli esperti delle Nazioni Unite secondo quanto riferisce il ‘Guardian’, secondo i quali ”ci sono già prove evidenti che crimini di guerra potrebbero essere stati commessi” da entrambe le parti. Ed è per questo che stanno raccogliendo prove utili ad avviare poi potenziali procedimenti giudiziari nei confronti dei responsabili.
A partire dall’uccisione indiscriminata, da parte di Hamas, di oltre 1.400 non combattenti, compresi bambini, e dal rapimento di oltre 200 civili, portati nella Striscia di Gaza come ostaggi e scudi umani. Su questo l’Onu non ha dubbi, si tratta di un crimine ai sensi del diritto umanitario internazionale. ”Prendere ostaggi civili e usare i civili come scudi umani sono crimini di guerra”, ha detto l’Onu, aggiungendo che ”non possono essere tollerate” le uccisioni di centinaia di civili disarmati da parte dei gruppi armati provenienti da Gaza. Inoltre esperti legali ritengono che anche le migliaia di razzi lanciati da Gaza verso Israele da parte di Hamas e della Jihad Islamica potrebbero rappresentare crimini di guerra.
Ma anche Israele potrebbe commettere il crimine di guerra di ”punizione collettiva” attraverso l’assedio della popolazione della Striscia di Gaza, prosegue l’Onu, trovando d’accordo in questo il Comitato Internazionale della Croce Rossa. ”Le istruzioni impartite dalle autorità israeliane alla popolazione di Gaza City di lasciare immediatamente le proprie case, insieme all’assedio totale” che comporta la ”negazione esplicita di cibo, acqua ed elettricità, non sono compatibili con il diritto umanitario internazionale”, hanno affermato le Nazioni Unite.
Anche perché, ricorda l’Onu, tutte le parti coinvolte nel conflitto devono rispettare un insieme di convenzioni, trattati e sentenze emesse dai Tribunali per crimini di guerra noto come ”diritto umanitario internazionale” o ”legge dei conflitti armati”. Anche la guerra, quindi, ha le sue leggi e, in particolate, sono due gli elementi chiave da rispettare. La protezione dei non combattenti, che siano essi civili o soldati che si sono arresi, e i limiti sui cosiddetti ”mezzi e metodi di guerra”, cioè le armi e le procedure per il loro impiego. Regole che hanno radici lontane, risalenti al XIX secolo, anche se la legge attuale si basa fondamentalmente sulle convenzioni di Ginevra firmate nel 1949 dopo i crimini contro l’umanità commessi durante la Seconda Guerra Mondiale. E che, in particolare, concentrato l’attenzione sulla protezione dei civili in guerra. Successivamente, nel corso degli anni, sono stati aggiunti protocolli riguardanti l’uso di alcuni tipi di armi.
A questo si aggiunge la giurisprudenza di vari tribunali internazionali, come il Tribunale penale internazionale che ha processato gli autori del genocidio di 800mila tutsi in Ruanda nel 1994 e che è stato il primo a stabilire che lo stupro era stato usato come un’arma di guerra e genocidio.
In questo contesto, però, va notato che Israele non ha ratificato alcuni protocolli delle convenzioni che riguardano ad esempio le punizioni collettive. Ed è proprio di ”punizione collettiva” della popolazione della Striscia di Gaza che Israele viene accusato, ad esempio, dal direttore generale dell’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi, Philippe Lazzarini. E poi gli Stati Uniti, così come altri paesi, considerano i protocolli aggiunti alle Convenzioni di Ginevra come entrate nel diritto internazionale consuetudinario e quindi vincolanti per tutti gli stati.
A un’accusa formale di violazione dei diritti umani seguirebbe un processo dei responsabili. Ma chi interverrebbe, in questo caso? La Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja, il tribunale permanente con giurisdizione sui crimini di guerra e altri crimini contro l’umanità come il genocidio, interviene quando le giurisdizioni locali non riescono a perseguire i cittadini. Riconosciuta dalla Cpi come membro nel 2015, la Palestina, già un anno fa, si era rivolta all’Aja per chiedere di indagare sull’assedio israeliano di Gaza e sulla continua costruzione di insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Sono circa 750mila i coloni e, secondo i palestinesi, questi numeri violano la Convenzione di Ginevra quando afferma che ”la potenza occupante non deve deportare o trasferire parti della propria popolazione civile nel territorio che occupa”.
Gruppi legali e per i diritti umani israeliani hanno anche affermato che Israele sta commettendo il ”crimine di apartheid” nei territori palestinesi occupati in violazione delle leggi internazionali che vietano espressamente tale pratica. Ma Israele ha detto di non essere soggetto all’autorità della Corte penale internazionale perché non ha firmato lo statuto di Roma che ha istituito la Cpi ed è entrato in vigore nel 2002. Gli Stati Uniti danno ragione a Israele e ”si oppongono fermamente” a qualsiasi indagine in merito perché ”Israele non è parte della Corte penale internazionale” e ”i palestinesi non si qualificano come uno stato sovrano”.
L’allora procuratore generale della Cpi, Fatou Bensouda, ha chiesto alla Camera dei giudici di pronunciarsi in merito e la risposta è stata che la Cpi ha giurisdizione in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est occupata. Ma da quando Bensouda ha lasciato l’incarico nel giugno 2021, la Cpi ha taciuto su quelle indagini.
Però la Cpi sta ora indagando su quanto accaduto dopo il 7 ottobre. L’attuale procuratore Karim Khan domenica si è recato al valico di Rafah tra l’Egitto e la Striscia di Gaza e ha annunciato “indagini in corso in relazione ai crimini presumibilmente commessi in Israele il 7 ottobre e anche in relazione a Gaza”. L’avvocato britannico ha evocato l’immagine delle ”terribili camere a gas e dell’Olocausto, della distruzione delle città” per chiedere ai governi di sostenere l’architettura giuridica internazionale ”costruita sulle macerie della seconda guerra mondiale”. In particolare, Khan ha detto che ”non dovrebbe esserci alcun ostacolo alla fornitura di aiuti umanitari ai civili, ai bambini, alle donne e agli uomini”. Perché ”questi diritti fanno parte delle Convenzioni di Ginevra e danno origine anche a responsabilità penale quando vengono limitati dallo Statuto di Roma”, ha aggiunto.
Khan ha quindi promesso che la Corte penale internazionale porterà avanti le sue indagini con ”determinazione” anche di fronte al rifiuto di Israele di cooperare con la Cpi e al suo rifiuto di consentire l’ingresso nel Paese ai suoi investigatori. Khan ha aggiunto che la Cpi indagherà anche su quello che sta accadendo ”in Cisgiordania”, dicendosi ”molto preoccupato anche per l’aumento del numero di attacchi segnalati da parte di coloni contro i civili palestinesi”.
Finora solo tre paesi hanno chiesto formalmente il coinvolgimento della Corte penale internazionale per indagare sul conflitto tra Hamas e Israele, ovvero Sudafrica, Svizzera e Liechtenstein. A loro si aggiunge Micheal Martin, vice primo ministro e ministro degli Esteri irlandese, che in un’intervista ha detto che spetta alla Corte penale internazionale determinare se vengono commessi crimini di guerra. Israele sembrerebbe preoccupato da un intervento della Cpi, come dimostra il fatto che dopo l’imdagine avviata nel 2021 il primo ministro Benjamin Netanyahu ha affermato che Israele era ”sotto attacco”. Israele teme anche che i suoi ufficiali militari e politici possano essere detenuti in base a mandati di arresto internazionali se si recano all’estero e affrontano un processo all’Aja.
Per quanto riguarda i crimini commessi dai miliziani palestinesi, il Guardian riflette sul fatto che ci sono dubbi sullo status giuridico di gruppi non statali come Hamas, che è un’organizzazione terroristica vietata in molti paesi. Dopo l’11 settembre, l’Amministrazione Usa di George W. Bush affermò che al-Qaeda e i Talebani erano ”combattenti illegali” e quindi non protetti dalle convenzioni di Ginevra, aprendo la strada alle torture dei prigionieri da parte della Cia e dell’esercito statunitense. La Corte Suprema degli Stati Uniti ha ribaltato tale interpretazione del diritto internazionale nel 2006 e ha affermato che le Convenzioni di Ginevra si applicavano.
Alcuni giuristi internazionali hanno affermato che, poiché Hamas è di fatto l’autorità che governa la Striscia di Gaza, e la Palestina ha ratificato le convenzioni di Ginevra, è vincolata dalle loro esigenze, ma anche protetta da esse. La Cisgiordania è in parte governata dall’Autorità nazionale palestinese. Il suo ministro degli Esteri, Riyad al-Maliki, ha incontrato Khan all’Aja la scorsa settimana e ha di fatto appoggiato qualsiasi indagine della Corte penale internazionale.