(Adnkronos) – “Il momento peggiore? Quando abbiamo realizzato che l’incendio era ormai a pochi passi da noi, a ridosso dell’albergo, e non potevamo più aspettare nemmeno un secondo. Nonostante gli alert, nessuno aveva lanciato l’allarme. Ma non abbiamo mai perso la testa: prima di lasciare in fretta e furia l’hotel abbiamo visto due bambine sole e spaesate, le ho afferrate e ho cominciato a correre insieme al mio ragazzo alla ricerca disperata dei genitori. Per fortuna li abbiamo trovati. Poi è cominciata la corsa folle, una corsa che è durata tutta la notte”. Comincia così il racconto all’Adnkronos di Rebecca Macciò, cagliaritana di 21 anni che lavora al baby parking presso l’hotel Rodos Princess di Kiotari per un noto tour operator italiano e che si è trovata suo malgrado nell’epicentro dell’enorme rogo che ha trasformato l’isola di Rodi da
paradiso vacanziero a inferno di fuoco.
Intercettata telefonicamente dall’Adnkronos mentre si trova a Rodi in un rifugio di fortuna, insieme ad altri trenta ragazzi che fanno parte dell’organizzazione dell’hotel in attesa di essere rimpatriati nei rispettivi paesi, Rebecca racconta con calma e lucidità l’orrore e la paura. “Insieme ad altri trenta ragazzi dell’organizzazione ci siamo messi in marcia correndo veloci per spiagge, rifocillandoci nei bar che trovavamo, facendo i turni per dormire, mentre alcuni facevano la spola con le macchine per portare più gente possibile -racconta la giovane- C’era in particolare un ragazzo, poco più grande di noi, responsabile di un’altra azienda, che ha preso le redini della situazione e ci ha coordinato, facendo in modo che non ci disperdessimo e ci salvassimo tutti”.
Momenti concitati, in cui capire la direzione non è facile, il fumo e le fiamme confondono e la paura non aiuta. “Ad un certo punto, ci hanno indicato di correre verso nord, verso Rodi, dove potevamo essere tratti in salvo”, ricorda la giovane cagliaritana, che in questa disavventura non è sola, affianco a lei il fidanzato Michael Manca, anche lui impiegato nello stesso hotel. Insieme a lui, ha tratto in salvo molte persone spaventate. “Non mi sento un’eroina, ho fatto quello che mi è venuto spontaneo”, dice la giovane. In questa disavventura, Rebecca è stata seguita passo passo telefonicamente dal papà, Fabio, che nonostante l’apprensione è stato in grado di guidarla e darle dei consigli su come muoversi.
“Inutile dire che l’ansia è stata tanta, ma per fortuna l’esperienza accumulata anche grazie al mio lavoro mi ha permesso di stare vicino a Rebecca anche da lontano -dice l’uomo al telefono all’Adnkronos- Man mano, lei mi spiegava dove fossero e io le fornivo consigli utili per tenersi lontano dai pericoli”. Ora, Fabio può tirare un sospiro di sollievo. “Non ancora -frena lui- finché non vedo mia figlia a casa non sto tranquillo, le fiamme non sono finite e lei è ancora lì che dorme all’addiaccio in un giaciglio di fortuna”. Adesso la speranza è di tornare presto a casa. Rebecca, con la forza della sua gioventù, pensa già a tornare al lavoro. “Prima deve riprendersi -spiega protettivo papà Fabio- Sono cose che scioccano, e ci vuole un po’ di tempo per elaborarle”.
(di Ilaria Floris)