(Adnkronos) –
Controllare gli imam prevedendo un apposito Albo presso il Viminale e vincolare la possibilità di predicazione islamica all’uso della lingua italiana. E ancora, controllare i finanziamenti che arrivano dall’estero e i luoghi e le iniziative di una comunità religiosa, come quella dei seguaci di Allah che “è in costante crescita, e nel 2030 in Italia avrà raggiunto la cifra di tre milioni di residenti, pari ad oltre il 5% della popolazione complessiva”. E’ quanto la Lega chiede di fare al Parlamento, con una proposta di legge, appena presentata alla Camera (prima firma Igor Iezzi) dal titolo ‘Disposizioni in materia di esercizio delle confessioni religiose prive di intese con lo Stato italiano’. Spiccano inoltre le richieste ai predicatori dell’Islam di “divieto di ogni pratica e attività collegata o collegabile alla dottrina dell’occultismo” e anche di far proprio “l’esplicito riconoscimento della parità tra uomo e donna”.
Nel testo articolato in 14 punti, si parte con l’art. 1 che “istituisce l’Albo Nazionale dei Ministri di culto, dei formatori spirituali e delle guide di culto appartenenti alle confessioni religiose che non hanno stipulato intese con lo Stato”, come appunto quella islamica. Non più predicatori senza storia, magari appena sbarcati in Italia, ma professionisti certificati e ben noti alle autorità italiane. Tra i requisiti per l’attività religiosa vi è poi la conoscenza della lingua italiana, lingua che, come si legge nell’articolo 3, dovrà essere usata da “chiunque svolga attività di predicazione nei luoghi di culto”.
Presso il ministero dell’Interno viene inoltre istituito il “Registro nazionale dei luoghi di culto presenti nel territorio nazionale, intendendosi per tali non solo gli edifici destinati ai servizi religiosi ma anche gli immobili destinati a sedi di associazioni, società o comunità di persone”. Un insieme di realtà mai censite, che solo per restare alle moschee la Lega, citando fonti del Viminale, stima in oltre 1200 strutture. “Risulta inoltre evidente, anche allo stesso ministero – si legge ancora – il legame che tali luoghi hanno con l’estero. Solo dal 2013 al 2017, la Fondazione caritatevole del Qatar ha investito 25 milioni di euro per i centri islamici in Italia”.
“Molte associazioni musulmane hanno la propria sede presso appartamenti privati, negozi, garage e magazzini che non potrebbero venire utilizzati come moschee: centri abusivi di culto dove si annida il pericolo jihadista”, è l’allarme lanciato da Iezzi. Tra i principi che devono essere contemplati negli “statuti delle confessioni o delle associazioni religiose” al centro della norma, devono trovare posto l”‘esplicito riconoscimento della democraticità e della laicità dello Stato italiano” come il “divieto di ogni pratica e attività collegata o collegabile alla dottrina dell’occultismo” e anche “l’esplicito riconoscimento della parità tra uomo e donna, della dignità dell’uomo e della famiglia, in conformità ai princìpi costituzionali”.