(Adnkronos) – Avanti sulle riforme che coniughino governabilità e capacità di dare voce alla società civile, evitando l’errore di scelte divisive. Avanti sulle riforme per rendere il Paese più efficiente e inclusivo. E’ il cuore dell’appello che Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, lancia dal palco dell’assemblea degli industriali, l’ultima del suo mandato, davanti a una platea dove siedono la massime cariche dello Stato, il governo praticamente al gran completo, oltre 1.500 imprenditori e rappresentanti del mondo del lavoro.
“Abbiamo deciso di non esprimere osservazioni sullo stato dell’economia, sul Pnrr, o sulla manovra di bilancio che si avvicina. Lo facciamo e continueremo a farlo in altre sedi”, premette Bonomi. E, infatti, i capisaldi della sua relazione toccano i temi della sfide internazionali, dell’Europa, delle imprese italiane e delle riforme e il titolo della relazione è “impresa, lavoro e democrazia: la strada della Costituzione”. Ma di manovra, pnrr e temi di stretta attualità il numero uno degli industriali ne parlerà poi con i giornalisti in una conferenza stampa al termine dell’assemblea, dopo che si è svuotata la grande sala dell’Auditorium di Santa Cecilia, la tradizionale location dove è tornata riunirsi l’assise.
Sulla priorità della manovra, Bonomi non ha dubbi. ”Dobbiamo mettere più soldi in tasca agli italiani. Vanno tagliate le tasse sul lavoro. Il taglio congiunturale che ha fatto il governo nel corso dell’anno, deve diventare strutturale con la legge di bilancio”, sottolinea. E “le risorse si possono trovare con una ricomposizione della spesa del 4-5%. Le imprese sono pronte a rinunciare alle tax expenditure da 14 miliardi se tutte queste risorse vanno al taglio del cuneo fiscale”. Inoltre, “dobbiamo lavorare sul rilancio degli investimenti, crollati negli ultimi trimestri, dobbiamo stimolare sia pubblici che privati”. Bonomi incalza poi sul Pnrr: “Abbiamo detto che sono sì importanti le dotazioni finanziarie ma più importanti sono le riforme per rendere il Paese più efficiente e inclusivo. Ma sono ferme. Qualcosa è stato fatto ma dobbiamo andare avanti”.
C’è il tema caldo della norma sugli extraprofitti. “Quando parliamo di extraprofitti parliamo di margine operativo lordo. Si tratterebbe di mettere una tassa su una riga di bilancio. Io magari ho studiato meno di alcuni ma non ho mai letto di extraprofitti nei libri, come non ho mai letto di extrapareggi o extraperdite”, rileva. “Quelli che hanno fatto maggiori guadagni – commenta – possono contribuire maggiormente allo spazio fiscale dello Stato purché ci sia una finalità. Va nella spesa pubblica corrente o facciamo un intervento dedicato a favore dei correntisti?”. Non meno caldo il tema del caro voli. Bonomi ricorda, innanzitutto, che “siamo in un mercato unico europeo. Quando fai questi interventi, vai a incidere sul mercato unico. Se intervieni per garantire la continuità territoriale, credo si possa gestire, ma intervenire d’imperio così è controproducente. Poi è chiaro che la risposta di Ryanair non si può sentire, perché bisogna sempre avere rispetto istituzionale”.
Netta la valutazione che Bonomi ribadisce nella sua relazione sul salario minimo: “La mera introduzione di un salario minimo legale, non accompagnata da un insieme di misure volte a valorizzare la rappresentanza, non risolverebbe né la grande questione del lavoro povero, né la piaga del dumping contrattuale, né darebbe maggior forza alla contrattazione collettiva”. Arriva poi il richiamo sul fronte della sicurezza sul lavoro. Servono “regole chiare e semplici e prevenzione”, dice Bonomi. “La nostra visione – l’unica che per noi ha senso – è che sia necessario evitare gli incidenti valorizzando una logica partecipativa – sottolinea – una logica che unisca nelle azioni e nelle relative responsabilità, non che divida e contrapponga, eredità di vecchi antagonismi di classe”.
“Da sempre – assicura Bonomi – sentiamo la responsabilità di contribuire a rimuovere le disparità che ostacolano il benessere diffuso e sosteniamo i principi di uguaglianza, inclusione e solidarietà”. E Confindustria “riconosce nella Democrazia un valore universale e nella Costituzione una stella polare. Sono conquiste da preservare e che richiedono cura, coesione, forza morale da parte di noi tutti: le istituzioni, gli attori della società civile, il mondo economico”.
Il numero uno degli industriali rivendica poi quella “irrinunciabile regola fondamentale, che vincola rigorosamente Confindustria a essere autonoma, apartitica e agovernativa, per giudicare solo nel merito i provvedimenti assunti”. Nessuna valutazione, dunque, sugli schemi di riforma istituzionale avanzati in questi mesi dai partiti, in merito alla forma di Stato (l’autonomia differenziata) e alla forma di Governo (presidenzialismo o premierato)”.
Ma l’auspicio degli imprenditori “è quello di riforme che leghino governabilità e capacità di dare voce e rappresentanza alle tante istanze che la società civile è capace di esprimere”. “Chiediamo – indica Bonomi- regole e scelte politiche in grado di conciliare l’efficienza e l’efficacia dei comportamenti pubblici con gli stimoli all’intraprendenza, all’innovazione, alla capacità di fare, fare bene e fare del bene”. E, incalza, “insistiamo, insomma, sulla necessità che anche a livello istituzionale il nostro Paese possa puntare su competitività e inclusione sociale, produttività e solidarietà”. Di qui l’appello conclusivo alla politica: “Guardatevi dal compiere lo stesso errore di sempre. Evitate di progettare interventi sulla forma di Stato e sulla forma di governo maturati e ispirati da una dialettica divisiva, aliena per definizione dalla serietà con cui proporre e giudicare impianti istituzionali così rilevanti per la democrazia e la libertà del nostro Paese”.
Se quella di oggi è l’ultima relazione da presidente, Bonomi ha ancora 9 mesi di mandato davanti. A ricordarlo è lui stesso nell’incontro con la stampa. “In 9 mesi si fa un bambino”, scherza. “Ma, comunque, non ho sassolini nella scarpa da togliermi”, assicura. “E’ stato un periodo difficile, complesso, non sta a me dire se lavorato bene o no ma abbiamo perso un po’ di competitività”, dice. Qualche rimpianto c’è: “Nel 2020 avevo proposto un Patto per l’Italia, c’erano tanti temi che potevamo affrontare insieme, gli incidenti sul lavoro e i contratti che non sono stati fatti, oggi siamo a discutere di salario minimo sì o no, mi dispiace perché è stata un’occasione persa per il Paese”, conclude.