(Adnkronos) –
Mediobanca-Delfin, atto secondo. Con il varo della lista del cda, il board di Piazzetta Cuccia ha chiuso ieri il primo tempo della partita del rinnovo al vertice dell’istituto con un risultato, dato per scontato alla luce del mancato accordo con la cassaforte di Leonardo Del Vecchio. E ora si apre una nuova fase il cui traguardo è quello dell’assemblea convocata per il 28 ottobre. La prossima mossa tocca proprio a Delfin, davanti al bivio della presentazione di una lista di minoranza corta o lunga. Secondo quanto riferito da fonti finanziarie interpellate, non sarebbe stata presa ancora alcuna decisione. La scadenza per la presentazione delle liste è quella del 3 ottobre prossimo.
Una scelta non di poco peso. In presenza di una lista corta da parte di Delfin con tre consiglieri, ne verrebbero eletti due più uno espressione di Assogestioni se presenterà la sua lista e se otterrà più del 2% del capitale sociale. ‘Quota tre’ rappresenta il numero che spetta alle minoranze in base all’applicazione per la prima volta dei nuovi principi di governance. Ben diverso lo scenario che si prefigura con la presentazione di una lista lunga fino a sette candidati. In questo caso, Delfin per ottenere tutti e sette i candidati dovrà cercare la maggioranza in assemblea, aggregando il consenso di un altro azionista di peso, Caltagirone, e di altri azionisti minori. Il successo della lista lunga determinerebbe, rilevano alcune fonti, una situazione in cui un investitore finanziario arriva ad avere un peso del 50% nel board con potenziali impatti sull’implementazione del piano industriale, approvato e apprezzato dal mercato.
Sui nomi che circolano nella possibile rosa di Delfin, circolano, tra gli altri, i nomi di Vittorio Grilli Vittorio, presidente di Jp Morgan in Italia, e Flavio Valeri, presidente di Lazard in Italia.
Secondo Kepler Cheuvreux, “la lista Delfin potrebbe avere i voti di circa il 30-35% del capitale (19,8% della stessa Delfin, con il 9,9% apparentemente posseduto da Francesco Caltagirone anche se ha depositato solo una quota del 5,6%, e forse dell’1-5% degli altri) sfidando la lista del consiglio che potrebbe contare sul 35-40% (11,9% del patto di consultazione più parte del 45% delle azioni detenute da investitori istituzionali che non tutti partecipano all’Assemblea e che voteranno in parte per la lista di Assogestioni”.
“Avremmo gradito – sottolinea il report – un accordo sulla governance in quanto avrebbe aumentato la visibilità sull’esecuzione del piano industriale di Mediobanca e sulle future scelte strategiche. A nostro avviso, l’esito improbabile di sette consiglieri scelti da Delfin, sette dal consiglio uscente e uno da Assogestioni sarebbe lo scenario peggiore, con conseguente stallo problematico nel consiglio”.