(Adnkronos) – Cresce il pressing sull’Italia affinché ratifichi la riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità, l’ultimo passaggio che consentirebbe l’entrata in vigore del trattato che amplierebbe la potenza di fuoco del Fondo di Risoluzione Unico, rendendo l’area euro meno fragile di fronte ad una eventuale crisi bancaria su vasta scala. “Rispettiamo pienamente – ha ieri ribadito il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe – il fatto che singoli Paesi possano decidere di non avvalersi della capacità aggiuntiva del Fondo di Risoluzione Unico” che verrebbe assicurata dalla riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità, ma la riforma riguarda “il rafforzamento delle reti di sicurezza” nell’economia dell’area euro “anche per altri governi”.
Pertanto, ha aggiunto “è in questo spirito che continueremo a interagire con il ministro Giancarlo Giorgetti. Siamo tutti al corrente del fatto che è un tema molto sensibile nel Parlamento italiano e continueremo a lavorare con lui”. Il direttore del Mes, Pierre Gramegna, ha fatto riferimento ad un rapporto del Single Resolution Board, in cui si ricorda che l’ammontare delle risorse attualmente disponibili per il Fondo di Risoluzione Unico, “77 miliardi di euro, non è sufficiente probabilmente” ad affrontare una crisi bancaria estesa ed è quindi “utile avere un backstop”, vale a dire un pagatore o garante di ultima istanza. Il backstop che verrebbe introdotto dalla riforma del Mes “potrebbe raddoppiare questa potenza di fuoco”.
A quanto si apprende a Bruxelles, i partner dell’area euro si attendono dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti non certo la ratifica oggi da parte dell’Italia, perché tutti si rendono conto delle difficoltà politiche, ma almeno l’indicazione di un percorso chiaro, con elementi concreti, per arrivarci. Giorgetti, hanno fatto sapere fonti del Mef, ha ricordato ieri che il Parlamento italiano è contrario alla ratifica della riforma, aggiungendo però di essere in contatto con il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, e con il direttore del Mes, Pierre Gramegna, alla ricerca di una soluzione.
Il tentativo di scambiare la ratifica della riforma con contropartite su altri dossier, come l’Unione bancaria, viene considerato vano, perché sulla riforma del Mes il negoziato è chiuso da tempo. Al ministro Giorgetti, che peraltro ha ottimi rapporti con i colleghi ministri, questo è stato detto da più di un interlocutore. Insistendo, a quanto si apprende, si correrebbe il rischio di essere considerati inaffidabili e di essere marginalizzati nell’Eurogruppo.
Ai problemi posti dall’Italia una risposta potrebbe venire dall’esplorazione di nuovi ruoli per il Mes: ad oggi nel Meccanismo ci sono centinaia di mld di euro inutilizzati. E il punto di partenza di una discussione potrebbe essere come mettere queste risorse a miglior frutto. Tuttavia, l’avvio di questo processo, non facile comunque perché alcuni Paesi vedono il Mes come un fondo che entra in funzione solo in caso di emergenza, è subordinato alla ratifica della riforma.
Nessuno a Bruxelles, comunque, dà la colpa dello stallo all’attuale ministro dell’Economia, che anzi, viene riconosciuto, si sta impegnando molto per trovare una soluzione. Tutti sanno che la responsabilità non è sua, ma d’altra parte è lui l’interlocutore nell’Eurogruppo che rappresenta l’Italia, quindi è su di lui che si scaricano le pressioni dei partner. A Bruxelles la speranza è che il governo riesca a mettere in campo una narrativa convincente per cui ora per l’Italia si sono aperti spazi a livello Ue per avere miglioramenti su altri dossier, in modo da rendere politicamente più ‘digeribile’ alla maggioranza la ratifica di una riforma che incontra tuttora forti resistenze.
C’è, però, anche la consapevolezza che potrebbe non bastare, perché su questo dossier il governo avrebbe un problema politico, se, per ipotesi, la ratifica dovesse passare in Parlamento con i voti di una parte dell’opposizione. A Bruxelles si comprende bene il fatto che il governo intenda portare la ratifica in Parlamento solo a fronte della certezza di avere la maggioranza necessaria per approvarla con i propri voti, senza alcun soccorso esterno. E’ da verificare anche quanto salda sarebbe, alla fine, la determinazione delle cancellerie dell’area euro a far ‘pagare’ a Roma un’eventuale mancata ratifica, allargando le ‘rappresaglie’ ad altri tavoli che interessano all’Italia.
Non tutti sono convinti che, nel contesto geopolitico attuale, Roma verrebbe punita duramente. Tuttavia il pressing a livello Ue, da Bruxelles e non dalle capitali, da cauto si è fatto martellante. E non accenna ad attenuarsi, anzi. Di certo Giorgetti, che è un politico d’esperienza, non ha intenzione di mettere a rischio la sopravvivenza del governo per ratificare la riforma del Mes. Il problema, tutto politico, della riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità, iniziato con il governo Conte bis e poi rimasto irrisolto anche con il governo Draghi (alcuni a Bruxelles ritengono che abbia perso l’occasione di sfruttare i primi mesi di ‘luna di miele’ con il Paese, anche se nella sua maggioranza sia Lega che M5S erano fieramente contrari alla ratifica, al pari di Fdi che stava all’opposizione), potrebbe dunque restare ancora irrisolto, in mancanza di novità rilevanti.
Questo malgrado la scadenza di fine 2023, ribadita di recente dal presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe. E malgrado il fatto che la funzione di backstop per il Fondo di Risoluzione Unico sia stata fortemente voluta, all’epoca, proprio dall’Italia, contro la volontà della Germania e dei Frugali. Con il paradosso che oggi Paesi ‘like-minded’ su temi economici, come la Spagna, vedono la mancata ratifica della riforma da parte di Roma come una sorta di ‘tradimento’ delle posizioni tradizionalmente pro integrazione Ue e pro Unione Bancaria che l’Italia ha sempre sostenuto. Non a caso la ministra dell’Economia spagnola Nadia Calvino è stata tra coloro che hanno detto on the record di aspettarsi che l’Italia proceda alla ratifica. Proprio Calvino ha avuto ieri un bilaterale con Giorgetti. E sul tavolo c’era anche il Mes.