(Adnkronos) – Si fa sempre più forte la pressione dei vertici dell’area euro perché l’Italia ratifichi la riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes). Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, alla Ciudad de la Cultura di Santiago de Compostela, ha illustrato ai colleghi, brevemente, lo stato del dossier ma, a quanto ha riferito il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe, non ha dato l’assicurazione che il governo troverà una maggioranza per ratificare la riforma, che è stata già chiusa da tutti gli altri 19 Stati della zona euro.
La riforma non entrerà in vigore finché l’Italia non l’avrà ratificata. Giorgetti, ha riferito Donohoe, “ci ha descritto le sfide della situazione politica in Italia al momento, che tutti riconosciamo, e ha sottolineato i suoi sforzi”, che “apprezziamo tutti. A questo riguardo, non abbiamo l’aspettativa realistica che qualcuno possa predire un risultato certo”, per quanto riguarda la ratifica della riforma. Il politico irlandese ha lasciato intendere che la pazienza dei partner si va assottigliando: ad ogni conferenza stampa, il linguaggio che usa nei confronti dell’Italia si fa un po’ meno felpato, anche se molto gradualmente.
Questa volta il politico del Fine Gael (centrodestra, gruppo Ppe) ha fatto notare che la ratifica della riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità “è molto importante non solo per l’Italia, che beneficerà della rete di sicurezza”, fornita dal backstop al Fondo di risoluzione unico, “ma questa rete di sicurezza deve essere in piedi per l’intera area euro”. La riforma “riguarda anche gli altri 19 Stati membri” dell’area euro e del Mes, ha sottolineato. “Confido che le autorità italiane continueranno a fare il massimo per rispettare questo importante impegno”, ha aggiunto Donohoe, che ha espresso “fiducia” negli sforzi di Giorgetti.
Il problema, per la ratifica della riforma del Mes, è tutto politico. La Lega, che è sempre stata contraria, non ha intenzione di votarla. L’aria che tira nelle file del partito di Matteo Salvini è ben esplicitata dal senatore leghista Claudio Borghi, che su Twitter (ora X) ha ‘fissato’ un utile “Riepilogo Mes: 10 motivi per cui non dobbiamo ratificare la riforma”, che entra nel merito. Tra l’altro, scrive, “ratificare la riforma significa approvare specificamente tutto il trattato, comprese le sue parti più assurde, fatte votare da Mario Monti a un distratto Parlamento nell’estate del 2012. La riforma del Mes peggiora uno strumento già famigerato perché figlio degli interventi di austerità contro la Grecia. I Paesi Ue vengono divisi fra ‘buoni’ e ‘cattivi’. L’Italia è, guarda caso, fra i cattivi”.
Il Mes, continua Borghi, “potrà intervenire nei salvataggi delle banche (nota bene, non dei risparmiatori perché prima va fatto il bail-in) e non si può decidere di non farlo. Il nuovo trattato Mes scrive chiaramente che in caso di intervento sarà possibile prevedere un taglio del valore dei titoli di Stato in mano ai risparmiatori. Il nuovo trattato Mes obbliga ad inserire nei titoli di Stato delle clausole (cosiddette Cacs) che ne rendano più facile il taglio del valore”.
Il Mes, aggiunge, “diventerebbe una specie di ‘agenzia di rating’ con il potere di decidere sulla sostenibilità o meno del debito. In pratica potrebbe causare una crisi, dichiarando a suo piacimento che un debito è insostenibile. I dirigenti del Mes, a fronte di questi poteri enormi (il direttore potrebbe chiederci il versamento del capitale impegnato, oltre 110 miliardi entro una settimana), sono esenti da qualsiasi giurisdizione (davvero, c’è scritto proprio così) (…) La soglia della maggioranza qualificata, 80%, usata per numerose situazioni, è calibrata in modo da lasciare fuori l’Italia (che ‘pesa’ il 17% mentre Germania (27%) e Francia (21%), guarda caso, hanno quote sufficienti per diritto di veto assoluto”.
In sostanza, per Borghi, “il Mes è uno strumento di dominio e di sottomissione, non porta nessun vantaggio per l’Italia, meno che mai nella nuova versione. Non va ratificato perché non è nell’interesse dell’Italia e la ratifica non è assolutamente un atto dovuto, bensì un fondamentale passaggio nell’accettazione di un trattato”. Ma non è solo Borghi a pensarla così, nel partito. “Non gliela voteremo mai”, ha assicurato una fonte leghista qualificata all’Adnkronos, spiegando che, se la premier ha dato certe assicurazioni in sede Ue, non è un problema della Lega. Giorgetti si trova dunque a Santiago dover spiegare ai colleghi ministri a che punto è l’Italia nella ratifica, con un punto formale inserito ad hoc nell’agenda dell’Eurogruppo.
E, finché la riforma non verrà ratificata, è difficile pensare che sarà l’ultima volta. Una fonte qualificata a Santiago si augura che il governo trovi una via d’uscita, magari con qualche escamotage in Parlamento, perché la ratifica della riforma del Mes ora si sta inscrivendo in un quadro più ampio, dalla tassazione degli extraprofitti delle banche in giù, con le elezioni europee in vista ad agitare gli animi, che rischia di mettere l’Italia, che è un grande Paese europeo, in una posizione scomoda nell’Ue. E in Europa, se non si rispettano gli impegni presi, “poi gli altri te la fanno pagare su altri dossier”, osserva la fonte.
Mes a parte, Giorgetti è venuto a Santiago de Compostela accompagnato dal suo predecessore, Daniele Franco, candidato alla presidenza della Bei. Alla Cidade da Cultura de Galicia, un complesso architettonico su una collina alla periferia di Santiago, ci sono anche le altre candidate: la vicepresidente in aspettativa non retribuita Margrethe Vestager e, naturalmente, la ‘padrona di casa’ Nadia Calvino, che punta anche lei a succedere al tedesco Werner Hoyer. Nessuno dei candidati ha ancora aggregato il “consenso” necessario, ovvero il 68% del capitale e almeno 18 Paesi a favore, ha riferito il ministro belga Vincent Van Peteghem, che gestisce il dossier in qualità di presidente del consiglio dei governatori. Una soluzione arriverà, ma “non oggi”, hanno previsto il tedesco Christian Lindner e l’olandese Sigrid Kaag. Intanto, l’Italia ha incassato l’endorsement dell’Eurogruppo alla candidatura di Piero Cipollone, vicedirettore generale della Banca d’Italia, come membro del comitato esecutivo della Bce, in sostituzione dell’uscente Fabio Panetta, anch’egli a Santiago in questi giorni, che diventerà governatore della Banca d’Italia.