(Adnkronos) – “Non faccio parte di nessuna associazione e quello che so di Cosa nostra lo so tramite i giornali”. Risponde così Matteo Messina Denaro nel corso dell’interrogatorio, lo scorso 16 febbraio, al gip di Palermo Alfredo Montalto. Collegato in videoconferenza dal carcere dell’Aquila con il gip e i pubblici ministeri Giovanni Antoci e Gianluca De Leo, il boss mafioso, che è indagato per una tentata estorsione aggravata nei confronti di una proprietaria terriera, Giuseppina Passanante, figlia di un vecchio boss, parla di questa vicenda.
Quando all’inizio dell’interrogatorio il cancelliere gli chiede se è sottoposto ad altri procedimenti, come è prassi negli interrogatori, Messina Denaro, rinchiuso all’Aquila, scoppia a ridere: “Non lo so, ma penso di sì”, dice.
“Ascolti, io sì he voglio rispondere all’interrogatorio, le risponderò su tutto quello che compete la mia persona, sul resto non mi interessa rispondere…” dice. “Io ero… lavoravo in campagna, un agricoltore… a Castelvetrano… La residenza non ce l’ho più perché il Comune mi ha cancellato. Ormai sono un apolide”, dice al giudice per le indagini preliminari. “Sono celibe e dal punto di vista economico non mi manca niente …- aggiunge -, mi sono ritirato da scuola dopo la terza superiore, quindi sì ho la terza media”.
“Non ho mai fatto richieste di reddito di cittadinanza” dice, rispondendo al giudice. “Ha ricoperto cariche pubbliche?”, gli chiede il gip. E Messina Denaro: “Mai”. Poi quando risponde ridendo al gip che gli chiede se ha carichi pendenti o condanne, il gip gli dice: “Mi ascolti, Messina Denaro, sono domande che noi per legge dobbiamo fare, come noi le dobbiamo fare, lei deve rispondere”. E il boss replica: “Sì, ovvio Presidente”.
IL PATRIMONIO – “Li avevo, me li avete tolti tutti (i beni, ndr.), se qualcosa ho non lo dico, sarebbe da stupidi”. E alla domanda se avesse ancora dei soldi, nonostante i sequestri, replica: “Certo che ne ho, sennò come potevo vivere fino ad ora…”.
IL TERRENO – “Quale minaccia? Rivendicavo un diritto”. Matteo Messina Denaro spiega così, nel corso dell’interrogatorio al gip, la tentata estorsione, di cui è accusato per la vendita di un terreno a Castelvetrano. Il boss è accusato di tentata estorsione assieme a due arrestati nel blitz di tre anni fa, Marco Manzo e Giuseppe Calcagno, sotto processo davanti al Gup di Palermo. L’accusa a Messina Denaro deriva da un pizzino di minacce, scritto per entrare in possesso di un terreno.
“Allora, voglio chiarire: se fosse stata Biancaneve a parlare con questi che stavano comprando la terra, si sarebbero fatti una risata. Quindi per forza dovevo essere io” dice il boss nel corso dell’interrogatorio. “Ad un tratto, negli ultimi anni, vengo a sapere che lei (la Passanante, ndr.) stava vendendo il terreno. Tra parentesi avevano l’affare concluso sotto prezzo, perché lei che cosa voleva fare, prendersi questi soldi di questo terreno, cioè lo rubava, e pagarsi il mutuo. E avrebbe pagato tutto con i miei beni. Arrivati a un dato punto, questi sono discorsi per me non onesti – dice il capomafia al gip – perché le persone agiscono come vogliono, ma va bene cosi, ognuno poi risponde con la propria dignità delle cose che fa, nel bene e nel male. E allora che cosa ho fatto, l’ho contattata, con una lettera, e gliel’ho firmata, non con pseudonimi, firmato proprio con Matteo Messina Denaro, perché io credevo di essere nella ragione dei fatti”.
L’ULTIMA RESIDENZA – “Io sono di Castelvetrano, non sono di Campobello di Mazara. La mia abitazione non era a Campobello ma a Castelvetrano, in via Alberto Maio, 53, interno 8” dice. “Secondo quello che è emerso al momento del suo arresto lei risiedeva in un’altra abitazione, diversa da quella che lei ci sta indicando, di Castelvetrano”, gli fa notare il gip Montalto. E Messina Denaro: “Sì, ma ci risiedevo da latitante, quindi di nascosto, in segreto. Invece, l’ultima residenza che ho avuto da uomo libero è a Castelvetrano”.
I SOPRANNOMI – Il boss mafioso Matteo Messina Denaro sostiene di non avere mai avuto soprannomi. Nonostante i nomi ‘U siccu’, ‘Diabolik’, etc., emersi in questi anni, il capomafia sostiene: “Mai avuto soprannomi. Me li hanno attaccati da latitante i vari giornalisti, ma io nella mia famiglia non ho avuto soprannomi”.