(Adnkronos) – “Ad oggi in merito all’Ai vedo più vantaggi che difficoltà: utilizzare dati personali, in passato pratica molto difficile perché non si poteva fare senza un consenso informato, oggi è meno problematico perché grazie alle infrastrutture abbiamo la possibilità di incrementare quelli che sono i database nazionali con i quali possiamo iniziare a creare gli algoritmi che danno il risultato di un lavoro. Per questo motivo è fondamentale riuscire a promuovere la collaborazione tra professionisti per definire questi algoritmi. Obiettivo: arrivare ad una medicina sempre più personalizzata, perciò l’algoritmo si deve adattare al singolo paziente proprio perché ha un trend di vita differente, ha abitudini differenti e magari risponde a terapie o farmaci in modo differente”. Così all’Adnkronos Salute Matteo Moscatelli, Country Head Vree Health, in occasione dell’evento ‘Intelligenza Artificiale, Rischi e Opportunità’, organizzato oggi da Adnkronos presso il Palazzo dell’Informazione.
“Sul discorso della privacy c’è ancora un grande lavoro da fare perché fino a quando si parla di dati oggettivi, perciò di esami, basta dare la condivisione di questi dati e il gioco è finito – spiega Moscatelli – nel senso che è già un grosso step. La parte più difficile è quando si hanno dati che esulano dallo studio clinico, quindi sono informazioni che riguardano stile di vita e abitudini, piuttosto che tutti quei dati personali e non ancora normati. Perciò, se da una parte avere questi dati dà un vantaggio competitivo al fine di una terapia più aderente, dall’altra parte aumenta la difficoltà di andare a recepire questi dati, perché ognuno dovrebbe condividere tutto quello che è il suo stile di vita, oltre all’analisi medica. E logicamente più accesso si ha, più si riesce a fare un buon lavoro, ma allo stesso tempo si va a scontrare con la privacy di ogni singolo individuo”.