(Adnkronos) – “A metà del percorso la promessa dell’Agenda 2030 è in pericolo”. E’ il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres a lanciare l’allarme. Un allarme che riguarda anche l’Italia, che è ben lontana dal raggiungere i 17 obiettivi (Sustainable Development Goals – SDGs) previsti in sede Onu per lo sviluppo sostenibile e sottoscritti nel 2015 insieme ad altri 192 Stati.
In particolare, per otto dei 17 SDGs si registrano miglioramenti contenuti, per tre una stabilità e per sei un peggioramento. Se si guardano i 33 target valutabili con indicatori quantitativi, solo per otto si raggiungerà probabilmente il valore fissato per il 2030, per quattordici sarà molto difficile o impossibile, per nove si registrano andamenti contraddittori, per due la mancanza di dati impedisce di avere un’idea precisa.
Sono alcuni dei risultati emersi dall’ottavo Rapporto dell’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), presentato oggi: un documento che valuta l’avanzamento in Italia e nell’Unione europea degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu e gli ambiti in cui bisogna intervenire per raggiungerli.
I ritardi accumulati, sottolinea l’ASviS, potrebbero ancora essere in parte recuperati, ma per farlo è assolutamente necessario attuare con urgenza una serie di interventi e di riforme. Che è quello che l’Italia si è impegnata a fare in occasione del Summit Onu del 18-19 settembre scorso.
Se quindi è ancora possibile fare bene, da dove parte oggi l’Italia? Come detto, non da un buonissimo punto: l’analisi realizzata dall’ASviS evidenzia dei peggioramenti, rispetto al 2010, in diversi campi:
Registra poi una sostanziale stabilità per gli aspetti legati a:
Infine, la parte ‘positiva’: ci sono miglioramenti per gli altri otto Goal, sebbene comunque inferiori al 10%, eccetto per la salute (Goal 3) e l’economia circolare (Goal 12), per i quali l’aumento è leggermente superiore.
Per quanto riguarda le disuguaglianze territoriali, sui quattordici Goal per cui sono disponibili dati regionali solo per due (Goal 10 e 16) si registra una riduzione; per tre (2, 9 e 12) una stabilità e per gli altri nove un aumento.
Scendendo nel dettaglio, l’Asvis ha diviso lo sviluppo sostenibile in Italia in quattro dimensioni.
Tra il 2015 e il 2021 nel nostro Paese, segnala il rapporto ASviS, ci sono dei peggioramenti della situazione sociale:
Per quanto riguarda la dimensione ambientale non va meglio. L’Italia presenta parecchi punti sfavorevoli:
Dopo la ripresa del biennio 2021-2022 seguita alla pandemia, l’Italia presenta ancora alcuni segnali di crescita debole:
Per quanto riguarda l’aspetto della sicurezza, nell’ultimo decennio:
L’Italia condivide questi risultati poco incoraggianti con gli altri Paesi che sottoscrissero l’Agenda 2030: secondo l’Onu, solo nel 12% dei casi si è sulla buona strada per raggiungere i valori obiettivo previsti dall’Accordo.
Eppure all’inizio si erano registrati miglioramenti importanti, che facevano guardare al futuro con un certo ottimismo. Tra questi, una riduzione del tasso di povertà estrema (dal 10,8% del 2015 all’8% del 2019) e del tasso di mortalità infantile (da 20 morti ogni 1.000 nati vivi a 18) ; una lotta più efficace a malattie come l’HIV e l’epatite; un aumento della quota di energie rinnovabili (dal 16,7% del 2015 al 19,1% del 2020).
Ma con la pandemia, la guerra in Ucraina e l’alta inflazione che ne è seguita, la situazione si è arrestata o addirittura involuta. Sempre secondo i dati Onu, oltre la metà dei Paesi, nonostante qualche progresso, è “moderatamente o gravemente fuori strada” e circa il 30% non ha fatto registrare alcun avanzamento o si trova oggi in una condizione peggiore di quella del 2015.
A livello di Unione Europea, gli indicatori dell’ASviS mostrano come dal 2010 in avanti ci siano stati progressi per gran parte degli Obiettivi, ma spesso si tratta di miglioramenti contenuti, insufficienti per centrare i Target dell’Agenda 2030 in tempo. Inoltre, si registra una riduzione delle disuguaglianze tra Paesi nel conseguimento degli Obiettivi solo per otto di essi, mentre per tre le distanze sono rimaste costanti e per cinque sono addirittura aumentate.
Il Rapporto ASviS ha indagato anche il ‘sentiment’ della popolazione rispetto agli obiettivi di Sviluppo sostenibile e ha riscontrato che secondo gli italiani i costi dell’inazione sono più alti di quelli della trasformazione, e la strada indicata dall’Agenda 2030 è l’unica possibile. Allo stesso tempo però chiedono che le politiche pubbliche aiutino chi rischia di essere penalizzato da tale trasformazione, in primo luogo in campo digitale ed ecologico.
Tuttaiva, nonostante questo pensiero diffuso, tra il 2020 e il 2023 la quota di chi spinge verso la sostenibilità è rimasta invariata (dal 22% al 23%), quella delle persone ‘aperte’ è scesa dal 41% al 38%, quella degli ‘indifferenti’ è stabile (17%), ma soprattutto è in crescita quella degli scettici: dal 13% al 22%.
In questo senso si rivela fondamentale il ruolo giocato dalle fake news e dalla diffusione del ‘negazionismo climatico’. Insieme all’idea che proclami di governi e imprese nascondano in realtà un ecologismo di facciata (greenwashing), la disinformazione e l’informazione falsificata fanno nascere e sviluppare nelle persone delle resistenze, un fenomeno che non riguarda unicamente l’Italia ma tutta l’Ue e la comunità internazionale in generale.
In ogni caso, circa un terzo degli italiani conosce l’Agenda 2030; il 19% di essi pensa che tutti gli obiettivi abbiano pari dignità, ma per la stragrande maggioranza, l’81%, ci sono delle priorità:
Scendono invece ‘energia pulita e accessibile’ e ‘qualità degli ecosistemi terrestri’.
Il Governo italiano, sottolinea l’ASviS, ha approvato circa un mese fa una nuova Strategia Nazionale per lo sviluppo sostenibile, che mette la sostenibilità al centro di ogni scelta pubblica e privata ma che poi deve tradursi in azioni concrete. Inoltre, il governo ha preso l’impegno in sede Onu di redigere in tempi brevi un ‘Piano di accelerazione’ che punti a recuperare il terreno perduto sui tanti Obiettivi su cui l’Italia è in netto ritardo.
Solo un deciso e rapido cambio delle politiche pubbliche consentirebbe di recuperare il tempo perduto, afferma l’Alleanza: un pensiero che trova sponda a livello istituzionale.
Intervenuta con un videomessaggio al convegno in cui ASviS ha presentato il Rapporto, la ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone ha posto l’accento sull’importanza di un lavoro di qualità e dignitoso: ”Investire sulla persona va considerato non solo dal punto di vista dei diritti ma anche dei doveri, un lavoro di qualità e dignitoso è la base della crescita civile economica” e “lo possiamo conseguire attraverso delle politiche attive che mettano ciascuno in grado di contribuire allo sviluppo della società”.
Dal canto suo il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel suo intervento ha riconosciuto l’importanza strategica della lotta al cambiamento climatico e dunque della decarbonizzazione: “Una chiara definizione di come inserirlo nella più ampia strategia europea e globale per la riduzione delle emissioni aiuterebbe a limitare l’incertezza e stimolare gli investimenti necessari, rendendo manifeste le nuove opportunità di investimento di cui sovente gli operatori finanziari lamentano l’assenza”.
Come? ”Da un lato, va ridotta con decisione l’impronta carbonica del nostro mix energetico, aumentando l’efficienza energetica ed esplorando tutte le opzioni tecnologiche disponibili; dall’altro, va intensificata la penetrazione dell’energia rinnovabile negli usi finali grazie a investimenti diffusi che non possono non richiedere un ruolo attivo, oltre che del settore pubblico, della finanza privata”, ha continuato Visco sottolineando come il tema della sostenibilità ambientale sia “una sfida globale che richiede una forte e intensa collaborazione e cooperazione internazionale” per “assicurare il benessere delle generazioni future, ma nessuno potrà da solo conseguire gli obiettivi che è necessario raggiungere”.
Visco ha anche precisato: ”Un processo epocale come quello del progressivo abbandono delle fonti fossili, la cui affermazione è dovuta alla loro elevata densità energetica, alla facilità di stoccaggio e a condizioni di trasporto relativamente semplici, deve essere governato e ne vanno valutate le conseguenze sui soggetti più vulnerabili. Per questo è necessario pianificare il processo di transizione e migliorare la capacità del tessuto economico e sociale a rispondere al cambiamento climatico”.
In questo contesto anche le banche centrali e gli istituti internazionali quali la Banca Mondiale e le altre banche multilaterali di sviluppo sono coinvolte, poiché possono agevolare le politiche di sviluppo. La stessa Bankitalia ha recentemente approvato un piano strategico con cui persegue sia l’espansione della finanza sostenibile e la gestione dei rischi climatici sia la riduzione della propria impronta ambientale e carbonica attraverso interventi legati alle operazioni interne.
“Il Rapporto di quest’anno, dedicato all’analisi di quanto accaduto a livello globale, europeo e italiano da quando è stata sottoscritta l’Agenda 2030, mostra chiaramente che il nostro Paese, al contrario dell’Unione Europea, non ha imboccato in modo convinto e concreto la strada dello sviluppo sostenibile e non ha maturato una visione d’insieme delle diverse politiche pubbliche (ambientali, sociali, economiche e istituzionali) per la sostenibilità – afferma il direttore scientifico dell’ASviS, Enrico Giovannini. – Ciò non vuol dire che non si siano fatti alcuni passi avanti o che non si siano assunte decisioni che vanno nella giusta direzione, ma la mancanza di un impegno esplicito, corale e coerente da parte della società, delle imprese e delle forze politiche ci ha condotto su un sentiero di sviluppo insostenibile che è sotto gli occhi di tutti, come confermano anche le analisi dell’opinione pubblica italiana contenute nel Rapporto”.
L’ASviS dunque avanza proposte “trasformative” che partono da tre azioni concrete:
Inoltre, occorre:
Ha dichiarato la presidente dell’ASviS, Marcella Mallen: “Alla constatazione che l’Italia procede a rilento sul cammino dello sviluppo sostenibile non deve corrispondere un sentimento di disfattismo. È ancora possibile cambiare passo, consolidando la crescente consapevolezza dell’opinione pubblica, delle imprese e delle amministrazioni pubbliche sul fatto che, nonostante i negazionisti, la scelta della sostenibilità conviene tanto dal punto di vista sociale e ambientale, quanto da quello economico. Le numerose proposte dell’Alleanza contenute nel Rapporto rappresentano il contributo della società civile italiana per realizzare ciò che il Governo si è impegnato a fare. Allo scopo di ingaggiare sempre più l’opinione pubblica sull’importanza di perseguire uno sviluppo sostenibile e di rispettare i diritti delle future generazioni, l’ASviS propone di istituire la ‘Giornata nazionale dello sviluppo sostenibile’, da celebrare il 22 febbraio”.