(Adnkronos) – Con l’assemblea del Pd di oggi si apre ufficialmente il Congresso ed è stata l’occasione per il ‘debutto’ davanti al parlamentino dem dei 4 candidati alla segreteria: Stefano Bonaccini, Elly Schlein, Paola De Micheli e Gianni Cuperlo. “Siete stati tutti convincenti, faccio fatica a scegliere chi votare tra voi quattro”, commenta ‘ecumenico’ Enrico Letta. Dunque, sul palco si alternano la cultura di governo di Bonaccini, che si muove da segretario in pectore, e sul salario minimo e poi sulla gestione Covid ha cercato di fare sintesi lanciando un ‘ponte’ verso Andrea Orlando e Roberto Speranza, sostenitori della competitor Schlein. E poi la giovane deputata dem che imprime una spinta a sinistra al Pd su ambiente, lavoro, donne, diritti. Cuperlo chiede di “ritrovare la potenza di un pensiero sul tempo che ci è capitato di vivere”. E infine la pragmaticità di De Micheli su organizzazione del Pd e metodi dello stare insieme.
BONACCINI, IL PD CON CULTURA DI GOVERNO – “Grazie Enrico per la relazione di oggi e per il lavoro svolto in questi mesi complicati. Ringrazio il comitato il cui lavoro ho condiviso. Grazie ad Articolo 1 di essere qui ma se si limitasse a questo sarebbe poca: la costituente, per essere chiamate tale, deve richiamare i milioni di persone che se ne sono andate”. Bonaccini parte dritto e delinea il Pd a cui pensa senza giri di parole.
“Ci facciamo spesso applausi tra di noi, dovrebbero applaudirci fuori, non ci hanno applaudito e non ci hanno votato. Finalmente domani si entra nel vivo, la costituente la apriamo dopo, nel senso di tenerla aperta, provando a capire come parliamo al Paese prima di parlare a noi stessi e richiamando i milioni di persone che sono andate via anche a votando a destra”, sottolinea lamentando un “percorso congressuale troppo lungo rispetto ai tempi della società. Ci fa apparire marziani”.
Poi un affondo sul cambio di nome: “Mai più intrappolati in discussioni incomprensibili fuori da qui. Del nome me lo chiedono solo i giornalisti, non ho trovato un cittadino, un elettore che ponesse il problema di cambiare nome ma tanti di cambiare politiche, classe dirigente e di ascoltare la base”.
E quindi, il Pd che immagina: “Un grande partito popolare e non populista. Che recuperi la vocazione maggioritaria che è il contrario dell’autosufficienza ma vuole dire rivolgersi a tutto il paese senza regalare voti di sinistra al M5S e quelli moderati al Terzo Polo. Andiamoci a riprendere i voti che abbiamo perso. Le alleanza le facciamo certo, ma da una posizione di forza e non di subalternità”.
Una posizione di forza che si riprende intanto nelle chiarezza di cosa si vuole dire, di chi si vuole rappresentare. “Io ho invidiato M5S, Fdi e Lega perché in 30 secondi capivi chi sono. Ecco in 30 secondi possiamo dire che noi siamo quelli che su sanità e istruzione, noi siamo quelli che pensano che lo Stato deve garantire diritti universali e un povero ha lo stesso diritto di un ricco di essere curato e istruito? Ecco l’ho detto in 30 secondi. Poi vanno fatte le battaglie conseguenti”. Chiude Bonaccini: “Un partito con cultura di governo che a ogni critica affianca una controproposta. Questa è la condizione per avere cultura di governo anche se stai all’opposizione”.
SCHLEIN, LA SPINTA A SINISTRA – Ambiente, diritti, donne, precariato. Elly Schlein declina la sua ‘ricetta’ per un Pd più focalizzato a sinistra con ripetuti richiami alle politiche del governo socialista spagnolo di Pedro Sanchez. Parte ringraziando la “generosità” del Pd che a lei, ex-iscritta fino a poche settimane fa, ha consentito di riprendere la tessera e candidarsi alla guida dei dem. “Un atto di generosità della comunità democratica, l’unico partito che ha deciso di mettersi in discussione aprendosi, in prima istanza ai militanti ma che si apre anche al mondo fuori, a chi ha smesso di credere in noi. E’ un processo necessario”.
“Abbiamo un compito importante – scandisce- non solo eleggere il segretario ma guardare al futuro, una cosa che riguarda le sorti dell’intero campo progressista e del Paese”. Con “un obiettivo comune, far immaginare a un ragazzo o una ragazza che questa è casa sua, che deve portare il suo impegno nel Pd, strumento di riscatto per il futuro e non di resa”. Quindi i temi chiave. Come la precarietà. “Giustamente il governo Meloni parla di tasso di natalità ma come non si fa a non vedere il legame tra precariato e denatalità? Meloni non parla mai di precariato: è una rimozione gigantesca”.
E su Meloni l’affondo: “Non si aiutano le donne limitando opzione donna o le pensioni per numero di figli. Non ce ne facciamo niente di una premier donna che non aiuta le donne nella vita di tutti i giorni. Faccia un congedo paritario non trasferibile, quello aiuta le donne”. Schlein parla poi dei migranti: quelle del governo sui migranti sono “scelte brutali e anche illegali”. E sui diritti chiede al Pd “più coraggio. E’ assurdo non aver approvato il Ddl Zan ma non fermiamoci lì. Avevamo detto matrimonio egualitario ma anche i diritti delle famiglie omogenitoriali, i cui bambini sono già nelle scuole e stanno subendo molte discriminazioni”. Sul partito, Schlein propone “le primarie per i parlamentari” se non cambierà la legge elettorale.
DE MICHELI, LA ‘SINDACALISTA’ DEGLI ISCRITTI – “Io sto diventando la sindacalista degli iscritti”. Paola De Micheli sintetizza così uno dei temi che caratterizzano la sua mozione congressuale. Ridare appunto centralità e peso agli iscritti del Pd. “Abbiamo bisogno di un cambio radicale del modello organizzativo. Io sto diventando la sindacalista degli iscritti, non esiste una associazione senza una valorizzazione dei soci, senza che possano decidere alcunché. Altrimenti semplicemente non si iscriveranno più. Non possiamo più permetterci un modello verticistico. Siamo di sinistra, le persone si aspettano un qualcosa in più in fatto di partecipazione”.
De Micheli lancia una proposta ovvero che per dare più peso al voto degli iscritti, potrebbe valere “doppio”. E poi il finanziamento pubblico ai partiti. “Non possiamo più permetterci di stare senza. Abbiamo fatto un errore, è segno di intelligenza ammetterlo. La politica ha bisogno del finanziamento pubblico, spero che tutti siano d’accordo per fare una battaglia tutti insieme”.
Infine, come si sta nel Pd. “Ho sempre creduto nell’unità, chiedo unità ma non unanimismo”, dice De Micheli. “Troppi danni sono stati generati da un finto unanimismo in tante esperienze di segreteria che poi ci hanno lacerato, hanno messo i dirigenti con le spalle al muro in modo irrecuperabile”. E cita Jovanotti: “Jovanotti diceva, in una canzone, io voglio un grande chiesa da Che Guevara a madre Teresa. Mi sono domandata se il Pd stava svolgendo questo ruolo di chiesa laica che porta avanti quei valori. La risposta non è stata positiva. Ma credo che le ragioni dei nostri errori e delle nostre sconfitte nel Congresso stanno emergendo”. Da ultimo, un ringraziamento a Letta e un ‘appuntamento’ per il dopo congresso: ” Sulle amarezze, scriviamo un libro insieme finito il Congresso”.
CUPERLO, ‘TORNIAMO AD ESSERE D’ESEMPIO’ – “In discussione stavolta siamo noi e il nostro destino. E per questo credo sia il congresso più importante”. Gianni Cuperlo non nasconde la situazione delicata che attraversa il Pd. “Oggi al governo c’è una destra che in questi tre mesi ha mostrato il suo volto e anche solo per questo c’è il dovere di costruire un’alternativa. Che va costruita dal basso con dei comitati per l’alternativa”.
Un’alternativa che non può essere oggi “un programma di governo, il voto è lontano” ma “a noi serve la potenza di un pensiero sul tempo che ci è toccato in sorte”. E “tornare ad essere di esempio, dobbiamo pretendere da noi stessi di essere credibili. Sento a volte ironie, sarcasmo su di noi. Tra noi non ci sono né Sturzo né Gramsci o Tina Anselmi e Nilde Jotti. Ma non siamo neanche Brancaleone da Norcia. Siamo una comunità di uomini e donne che hanno passione, cosciente degli errori commessi e se li facciamo è giusto fare ironia ma penso che da tutti noi, da questa sala dobbiamo chiedere rispetto alla comunità del Pd”.
Cuperlo tocca anche il tema della guerra in Ucraina con una posizione molto netta: “Pace oggi significa difendere l’Ucraina, l’occidente ha le sue colpe ma nulla assolve il crimine contro quel popolo. Se l’Ucraina smette di difendersi smette di esistere, se la Russia smette di combattere smette la guerra”.