(Adnkronos) – Quando si parla di salario minimo, da sempre, ci si divide. Oggi ne discutono maggioranza e opposizione, che sul tema è riuscita a produrre una proposta unitaria, ma anche gli economisti, e perfino i sindacalisti, hanno opinioni diverse. Un buon metodo per approfondirne le ragioni è considerare le principali obiezioni, e le relative risposte, rispetto all’introduzione per legge di una soglia al di sotto della quale diventi illegale pagare i lavoratori.
La prima è che il salario minimo sia pericoloso per la contrattazione collettiva. La tesi presuppone la convinzione che i datori di lavoro possano essere spinti a interrompere le relazioni sindacali per pagare solo il salario minimo. E’ il punto di arrivo anche di quello che sostiene, pure esprimendo dubbi, oggi la premier Giorgia Meloni: “Funziona come slogan ma nell’applicazione rischia di creare problemi” e di introdurre “un parametro al ribasso sul salario dei lavoratori”. La seconda obiezione sostanziale è che, di fatto, si tratta di una misura che non risolve il problema. Il lavoro sottopagato, si fa notare, presuppone quasi sempre una quota più o meno ampia di lavoro nero, perché difficilmente compaiono in busta paga importi troppo bassi o retribuzioni orarie arbitrarie. Sono spesso le condizioni imposte, orari allungati e prestazioni richieste, ad abbassare il salario. Così come pesano in molti contesti i finti part-time, che dimezzano il salario a fronte di una occupazione realmente full-time. C’è chi sostiene, poi, che debba essere il giudice, Costituzione alla mano, a dover decidere se la retribuzione sia giusta o meno. Una sorta di ‘salario legale minimo’ ottenibile per via giudiziaria da ogni lavoratore, che non produce il temuto effetto di schiacciare al ribasso gli altri salari.
Dall’altra parte, ci sono le risposte di chi sostiene sia necessario introdurre anche in Italia il salario minimo. Per evitare qualsiasi concorrenza con la contrattazione collettiva, la legge sul salario minimo deve prevedere una norma di promozione del principio dell’art. 36 Cost., stabilendo che ogni lavoratore ha diritto ad un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto non inferiore a quello previsto dal CCNL di settore sottoscritto dalle associazioni sindacali più rappresentative. Per correggere invece le altre distorsioni del mercato, dal lavoro nero ai finti part-time, servono misure mirate, chirurgiche, che con il salario minimo possono e devono convivere. E che, è la convinzione di chi sostiene la misura, possono anzi essere favorire da una bonifica complessiva del mercato del lavoro. La via giudiziale per contrastare il salario troppo basso è, per sua natura, dispendiosa, lenta e fisiologicamente arbitraria. Dare, attraverso il salario minimo legale, un appiglio di certezza consentirebbe invece di risolvere la questione per via amministrativa, guadagnando tempo e allargando a tutti la possibilità di agire.
La sintesi che può essere presa come riferimento è quella utilizzata dal Governatore di Bankitalia Ignazio Visco nelle sue ultime Considerazioni finali: “Come negli altri principali paesi, l’introduzione di un salario minimo, definito con il necessario equilibrio, può rispondere a non trascurabili esigenze di giustizia sociale”. Il punto è il necessario equilibrio e non l’efficacia dello strumento. “Si dice che in Italia c’è già un salario contrattuale nei diversi contratti nazionali ma ci sono molti non coperti da questi contratti e sono quelle le persone che devono essere difese da una retribuzione ragionevole”, ha aggiunto Visco in un’intervista a SkyTg24. (Di Fabio Insenga)