(Adnkronos) – E’ fallita la guerra lampo economica dell’Occidente contro la Russia. Vladimir Putin sceglie di ribaltare la realtà, proponendola al contrario. Non è solo propaganda, è qualcosa di molto più vicino alla ‘rimozione’. E’ un processo che in psicoanalisi ha una definizione puntuale: “processo inconscio con il quale vengono esclusi dalla coscienza i contenuti che potrebbero essere fonte di angoscia o di senso di colpa”. In questo caso, sicuramente più angoscia, per una leadership che potrebbe implodere, che senso di colpa.
Da una parte la narrazione, frutto di rimozione. “La tattica della guerra lampo economica” su cui i Paesi occidentali “contavano, non ha funzionato: questo è già evidente a tutti e anche a loro”, ha dichiarato Putin, secondo il quale la Russia è riuscita “prontamente a implementare misure di protezione efficaci e a lanciare meccanismi per supportare le industrie chiave così come le piccole e medie imprese”.
Dall’altra parte, c’è la realtà. La guerra lampo doveva essere la sua, quella che in pochi giorni avrebbe dovuto portare alla “denazificazione” dell’Ucraina e alla cacciata di Volodymyr Zelensky da Kiev. L’operazione militare speciale è diventata invece una guerra di logoramento e il rischio di perderla, anche al Cremlino, è ormai considerata più di un’ipotesi. Le notizie che arrivano dal fronte descrivono una riconquista del territorio da parte ucraina che è speculare allo spreco gigantesco di risorse, umane ed economiche, da parte russa. Tutto lo sforzo bellico prodotto sembra sgretolarsi rapidamente.
Quella che Putin definisce guerra lampo economica è il sistema delle sanzioni internazionali che, per definizione, ha bisogno di tempo per portare risultati. Nessuno, neanche il più ottimista degli strateghi occidentali, ha mai pensato che le sanzioni potessero essere una guerra economica lampo. Guardando ai risultati, difficile nascondere che l’economia russa, dopo sei mesi di guerra, sia in evidente difficoltà.
Le notizie che riguardano lo stato di salute del tessuto produttivo, così come le analisi sulla reale efficacia delle sanzioni, prevalgono ormai anche sulla propaganda veicolata da Mosca. Sia considerando le stime ufficiali di Fmi e Banca Mondiale, che sono comunque influenzate dai dati diffusi dalle istituzioni russe, sia andando a consultare gli studi indipendenti,
come quello dell’università di Yale
che, attingendo a fonti dirette, descrive effetti più consistenti, arrivando a definire “paralizzata” l’economia russa, si arriva a una conclusione simile: la capacità di resistenza di Mosca ha un limite e quel limite si sta avvicinando. Il resto è propaganda, e rimozione. (di Fabio Insenga)