(Adnkronos) – Contro il precariato nella scuola italiana “serve una politica di ampio respiro che guardi al futuro; serve una seria programmazione, quella che non c’è mai stata. Bisogna capire davvero cosa si vuol fare: se mettere al centro lo studente o continuare a rincorrere il consenso elettorale immediato”. Così Lucia Azzolina, ex ministra dell’Istruzione del Governo Conte, commenta all’Adnkronos gli annosi problemi della scuola pubblica, dal precariato alle classi ‘pollaio’. “Nel corso degli anni non si è mai programmato il reale fabbisogno degli insegnanti. Da ministra – racconta -, io misi intorno a un tavolo Inps, Mef e Ministero dell’Istruzione proprio per sapere quanti insegnanti sarebbero andati in pensione di lì ai prossimi 15 anni e in quali città. Obiettivo era ottenere una programmazione, in virtù della quale poter poi organizzare i concorsi. Che a mio avviso vanno fatti regolarmente, come succede in Francia, ogni due anni, e senza cambiare le regole in base ai governi che si succedono”.
Quanto alle classi sovraffollate, Azzolina, oggi dirigente scolastica, ritiene che “resta un nodo enorme, che riguarda soprattutto gli studenti delle superiori”. La dispersione scolastica, “un cancro nel nostro paese, lo osserviamo proprio nel passaggio dalle medie alle superiori dove il sovraffollamento è maggiore. Al ministero – sottolinea l’ex ministra dell’Istruzione – avevamo fatto un calcolo in relazione alla denatalità. Quest’ultima porterà nei prossimi anni a perdere oltre un milione di studenti. Ecco, se si lasciasse il numero degli insegnanti invariato – senza tagliare quindi i docenti in base agli studenti che si perdono – e senza variare i costi, la questione si risolverebbe. Ma non mi sembra questa al momento la direzione che si vuole prendere”.
Autonomia differenziata? “Sono profondamente contraria – dice categorica Azzolina – Già oggi abbiamo delle profonde discrasie all’interno del Paese, tra Sud e Nord, temo quindi che l’autonomia differenziata non possa che accrescere le distanze. Io speravo che con la pandemia avessimo imparato qualcosa: il Covid ha mostrato cosa succede lasciando troppo spazio alle regioni, ciascun territorio finisce per decidere per sé. E questo non dovrebbe mai accadere per la scuola, servizio pubblico essenziale”.