(Adnkronos) – Ieri mattina l’attacco di una banda armata criminale contro gli agenti di polizia del Kosovo a Banjska ha provocato la morte di un agente e il ferimento di altri due. Riaccendendo una tensione tra la comunità serba e kosovara mai davvero sopita. “Tutte le parti e le nazioni in campo, serbi e kosovari, militari e civili, devono impegnarsi per bloccare ogni focolaio di tensione nell’area” commenta il Ministro della Difesa Guido Crosetto, che all’Adnkronos spiega: “C’erano stati già degli scontri che, il 23 maggio scorso, avevano coinvolto 25 militari Kfor (Kosovo Force), di cui 11 italiani, che hanno riportato diverse ferite. Proprio per questo motivo, in particolare nella regione balcanica, le nostre direttive impongono alla missione Nato Kfor, attualmente a guida italiana, di essere sempre pronta a fronteggiare ogni possibile sviluppo della situazione”.
La forza Nato in Kosovo, a luglio scorso, ha avviato un’esercitazione militare nella parte occidentale del Paese. “Periodicamente le nostre Forze Armate, impegnate al di fuori dei confini nazionali e non solo in Kosovo – spiega Crosetto – svolgono esercitazioni necessarie a garantire la preparazione e l’addestramento dei nostri militari. Le attività di esercitazione devono ricalcare il più possibile le situazioni in cui potrebbero essere chiamati ad intervenire i nostri militari. Garantire un ambiente sicuro e protetto, nonché la libertà di movimento a tutte le comunità che vivono in Kosovo, è previsto dallo stesso mandato della Missione Kfor, che si fonda sulla Risoluzione 1244 del 1999 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”.
A novembre scorso, la visita in Kosovo e a Belgrado di Crosetto e del ministro degli Esteri Antonio Tajani sembrava aver aperto concreti spiragli di appianamento di una crisi ormai decennale. “L’Italia e la Comunità Internazionale sono costantemente impegnate per ripristinate il dialogo e, con la mediazione dell’Unione Europea, mirano alla normalizzazione delle relazioni tra Pristina e Belgrado – aggiunge – oltre che a soluzioni condivise per una convivenza pacifica, anche attraverso l’attuazione di quanto stabilito nei recenti accordi di Ohrid di aprile 2023. Continuiamo a lavorare per il dialogo e la pacifica convivenza tra le due comunità, quella serba e quella kosovara, un compito di certo non facile e delicato, ma per noi imprescindibile”.
“La missione Kfor ha un mandato chiaro in cui si riflettono gli interessi delle nazioni partecipanti e che si esaurirà solo quando sussisteranno condizioni tali da assicurare, in modo irreversibile, la sicurezza e la libertà di movimento di tutte le comunità del Kosovo – ricorda all’Adnkronos il Ministro della Difesa Guido Crosetto – In tale ottica, eventuali ulteriori ridimensionamenti e riconfigurazioni della missione saranno possibili esclusivamente in relazione al raggiungimento degli obiettivi e non a una agenda temporale prestabilita. Come dimostrato dall’operato della missione Kfor nell’intero 2023, una presenza militare credibile, numericamente commisurata alla situazione sul terreno ed equipaggiata per fronteggiare eventuali minacce, è comunque necessaria”.
E ribadisce: “Bisogna mettere in campo ogni azione di dialogo per abbassare le tensioni tra Kosovo e Serbia. È necessario uno sforzo corale da parte di tutti i Paesi dell’area in quanto si tratta di un quadrante strategico per la stabilità dell’Europa. L’Italia è impegnata da anni a cercare di portare pace e sicurezza in questa regione e continuerà a fare la sua parte per favorire un allentamento delle tensioni in Kosovo”.
“Le soluzioni che si potranno mettere in campo dovranno essere individuate soprattutto sul piano politico e basarsi, fondamentalmente, su un efficace dialogo tra Pristina e Belgrado. L’obiettivo che ci prefiggiamo – conclude Crosetto – è quello di assicurare le condizioni di stabilità che consentano ad entrambe le parti e alla Comunità Internazionale di individuare soluzioni condivise per una convivenza pacifica e uno sviluppo comune. L’Italia, questo Governo, il mio Ministero, la Difesa, come quello degli Esteri, lavorano, nella regione balcanica e altrove, per mantenere e consolidare i processi di pace”.
(di Silvia Mancinelli)