(Adnkronos) –
Social. Nel corso di pochi giorni, alla fine dello scorso mese di ottobre, 29 dei 50 Stati che compongono gli USA hanno formalmente accusato Meta (la società che controlla Facebook, Instagram, Whatsapp e Messenger) di aver creato funzionalità nelle piattaforme di proprietà tali da manipolare le fasce più giovani della popolazione (adolescenti e bambini). L’accusa non è certamente una novità anche se in questo caso è peculiare la chiarezza e la precisione del messaggio: “attenzione, i social possono incidere profondamente sui comportamenti degli utenti, in particolare di quelli più fragili”. I gestori delle piattaforme (tutti, non solo Meta) ben conoscono questa tematica e la conoscono non da oggi.
Sappiamo, ad esempio, che già nel 2012 Facebook ha svolto insieme all’Università Cornell e a quella di San Francisco, un’importante ricerca che ha coinvolto non meno di 700.000 utenti per capire se l’esposizione a locuzioni affettive di un certo tipo potesse condurre a “esperienze verbali simili”: in altre parole se quello che leggiamo sui social possa contagiare emotivamente. Secondo la ratio di questo esperimento un utente a cui vengono presentati dei post positivi reagisce in un modo emotivamente positivo, per contro chi viene sottoposto a post deprimenti entra molto più facilmente in un mood depressivo, poi, sia le attitudini positive che negative, tendono a propagarsi di conseguenza.
Qui da noi, in Italia, l’annuale Rapporto del Censis dell’anno 2020 aveva un capitolo dedicato a ‘Come i nuovi media influenzano l’umore degli italiani’ con conclusioni molto simili a quelle dell’esperimento di Facebook. Questi sono solo due, seppur significativi, esempi ma molti altri se ne possono fare citando studi e ricerche che giungono a conclusioni univoche rispetto alla capacità dei social di incidere sui comportamenti.
Questo è un fatto ormai acquisito, il tema è semmai cosa fare. La strada che hanno intrapreso i Procuratori dei 29 Stati degli USA è quella dei Tribunali ma non è affatto detto che sia la più diretta e, soprattutto, la più efficace. Forse imporre un costo di accesso ai social (come ha iniziato a fare su Twitter, il più visionario di tutti, Elon Musk) potrebbe essere uno strumento adeguato per impedirne l’uso compulsivo e malato da parte di giovani, giovanissimi e altri fragili. Un obiettivo quest’ultimo cui dovrà arrivare spontaneamente il mercato perché ben difficilmente si potrebbe raggiungere con una legge (ammesso che sia mai approvata) o con un’ordinanza di Tribunale (sia pure americano).
Libri. Segnalo due ponderosi libri in inglese, dei quali non è detto che mai si avrà la versione in italiano. Sono, secondo me, importanti perché riguardano due miti cari a moltissimi italiani. Sto parlando di James Bond e di Bob Dylan.
Il primo volume è ‘Ian Fleming. The complete man’ di Nicholas Shakespeare di ben 864 pagine: è la storia definitiva ed estremamente particolareggiata della vita del creatore di Bond e di come questa vita si sia riflessa, nel bene e nel male, nei 14 libri che Fleming ha scritto con Bond protagonista. Soprattutto il periodo durante la Seconda Guerra Mondiale, quando Fleming, rampollo di una benestante famiglia di origini scozzesi, fu arruolato prima nei servizi segreti della Marina inglese poi in un’unità speciale dei servizi stessi protagonista di missioni particolarmente ardite anche oltre le linee nemiche. Con tutta una serie di aneddoti che si ritrovano facilmente nella saga letteraria e cinematografica di Bond. Il ritratto che Shakespeare fa di Fleming non è molto accattivante (almeno per gli standard attuali); ci presenta un uomo molto concentrato su sé stesso, donnaiolo e con punte di misoginia. Qualche critico dice che anche Bond è così, ma è difficile credere che un antipatico misogino possa avere un così grande successo mondiale e continuare ad averlo per oltre 60 anni.
L’altro mito è Bob Dylan di cui è appena uscito il volume ‘Bob Dylan: Mixing up the Medicine’ di Mark Davidson e Parker Fishel anche queste d ben 608 pagine. Il libro è una sorta di riassunto e versione portatile del “Bob Dylan Center & Archive” di Tusla in Oklahoma (l’archivio storico di Bob, aperto nel 2022), ci sono dentro oltre 1.100 immagini con memorabilia di tutti i tipi e più di 30 saggi originali in cui grandi artisti e scrittori raccontano Bob. Ci sono poi le lettere di Dylan con i suoi contemporanei: collegi (tra cui i Beatles, in particolare George Harrison) e vari. Ci sono i testi delle ultime canzoni di Dylan che, peraltro, ad 82 anni continua a girare gli USA e il mondo con suoi concerti live. Allora, gli Stones hanno appena lanciato un nuovo album; i Beatles- grazie all’Intelligenza Artificiale – rivivono e lanciano una nuova (peraltro bellissima) canzone; Dylan è in tour. Siamo nel 2023 o di nuovo nei ruggenti anni ’60… magie della Musica. (Di Mauro Masi)