(Adnkronos) – “Parlare di questa storia fa ritornare a galla il dolore di chi l’ha vissuta sulla pelle, ci sono delle vittime che osservano in silenzio quello che succede e altre che si lamentano dicendo che così si getta sale sulle ferite, ma questo non può essere l’unico argomento per tacere sulla verità”. A parlare all’Adnkronos è Antonino Monteleone, giornalista de ‘Le Iene’, all’indomani della diffusione di tutti i dettagli sulla richiesta di revisione sulla strage di Erba scritta dal sostituto procuratore di Milano Cuno Tarfusser e che ora dovrà essere valutata dai vertici della procura generale.
Il giornalista ha messo in luce, in una controinchiesta televisiva, tutti i dubbi sulla colpevolezza di Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati in via definitiva all’ergastolo per la strage dell’11 dicembre 2006, ma così si è attirato anche le critiche dei fratelli Castagna che in quella mattanza hanno perso la madre Paola Galli, la sorella Raffaella e il nipote Youssef Marzouk di soli 2 anni. Poche ore fa, sui social, Giuseppe Castagna ha ricordato di aver “seguito attentamente tutti i processi, primo grado, secondo grado e Cassazione, ripercorrendo ogni volta il martirio dei nostri cari, convincendoci senza ombra di dubbio della colpevolezza dei coniugi Romano. Non ci saremmo mai accontentati di due capri espiatori. E trovo fortemente offensivo chi lo osa pensare”.
Parole a cui Monteleone replica a distanza. “Usare quello che si chiama ‘Argumentum ad misericordiam’ ossia far leva sulla pietà, ricordando che c’è qualcuno che soffre, come se non lo sapessimo, non è accettabile e non può essere usato contro la stampa che non fa un lavoro per avere consenso o compiacimento, ma cerca la verità anche quando presenta lati acuminati. Non sono ‘un demente o un farabutto’ come sostiene Beppe Castagna che più volte, insieme al fratello Pietro, ho invitato a parlare” spiega. “Sono soddisfatto di aver mostrato gli atti rimasti fuori dal processo, di aver fatto emergere discrepanze, di aver stimolato lo spirito critico. Bisogna superare l’idea che non esistano errori giudiziari, così come che un giornalista non possa intervenire dopo una sentenza definitiva” conclude.