(Adnkronos) – “Ci sono stati dei momenti in cui la mia testa e il mio corpo non erano allineati, chiedevo troppo all’uno o all’altro. Clinicamente è stato uno strappo dell’obliquo interno. Credo di aver chiesto troppo al mio corpo. Se ho mai avuto voglia di dire basta? Tante volte”. Sono le parole di Matteo Berrettini in un’intervista al ‘Corriere della Sera’, parlando della sua lunga assenza dei campi da tennis. “Nel 2020 ho avuto un’annata complicata e ricordo di aver fatto il pensiero, che mi aiutava a dormire, di prendere il passaporto, non dire nulla ad anima viva e fuggire dove nessuno avrebbe potuto trovarmi. Mi è capitato di pensarci, nei giorni bui”, assicura il 27enne tennista romano, ex top 10 sceso al n. 40 del ranking Atp. “Ma poi il tempo, il confronto con gli altri mi hanno fatto capire che io sono felice solo se scendo in campo e respiro quell’atmosfera”, ha aggiunto il campione romano che ora pensa al futuro. “Al livello sportivo nel mio cuore c’è Wimbledon. E anche gli internazionali di Roma. Ma oggi che, per la prima volta, ho conosciuto il malessere, l’obiettivo è quello di non frequentarlo più, di tenerlo lontano. E di vivere il tennis per quello che è: gioia e sfida per migliorare sé stessi. Il problema di questo sport è che tutto il sistema muscolare e la mente sono sottoposti a mutamenti costanti: la superficie del campo da gioco, la conseguente velocità, i viaggi con cambiamenti repentini di fuso e di clima”, dice. “Il tennis ti insegna a perdere. Anche i migliori, anche nelle migliori stagioni, devono bere il calice della sconfitta. Io odio perdere, ma ho sempre usato la sconfitta per migliorarmi”, conclude Berrettini.