(Adnkronos) – E’ quasi una ‘notte prima degli esami’ quella di Tim che domani riunisce il primo dei cda convocati per decidere sull’offerta del fondo Usa Kkr sulla rete. Mentre gli analisti sembrano credere poco al piano ‘alternativo’ del fondo Merlyn arrivato sul tavolo di Tim nei giorni scorsi, il tempo stringe non solo per le attese del mercato ma anche perché qualora il gruppo non decidesse entro il termine dell’8 novembre ma chiedesse l’estensione (contemplata) di arrivare fino al prossimo 20 dicembre rischierebbe di dover pagare una penale. Una prassi abbastanza abituale visto che le banche al momento dell’offerta rendono disponibili all’acquirente le risorse necessarie. La cifra, secondo quanto apprende l’Adnkronos, potrebbe arrivare a circa 20 milioni che Tim dovrebbe pagare a fronte di una proposta che secondo indiscrezioni sarebbe di circa 21 miliardi con 2 di earn out, legati sostanzialmente a una eventuale fusione con Open fiber.
Ma c’è di più. Non ci sono solo i pareri legali di Tim e Vivendi sul tema di quale organo debba decidere sulla cessione della rete. C’è anche un parere legale reso a Vivendi sulla necessità del passaggio in comitato Parti correlate dell’offerta del fondo Usa Kkr: è stato redatto, apprende l’Adnkronos, dal professor Luca Enriques e il suo contenuto è solo riassunto dalla lettera che il socio francese ha inviato da Parigi lo scorso 30 ottobre al cda, al collegio sindacale, allo stesso comitato Parti correlate e per conoscenza alla Consob.
Tuttavia sia questo parere che gli altri citati da Vivendi in precedenza, nella lettera del 24 ottobre in cui chiede che sull’offerta di Kkr si pronunci un’assemblea straordinaria, non sono stati al momento inviati al board di Tim ma solo illustrati nei contenuti. In questo ultimo caso i pareri sono stati resi a Vivendi, rispettivamente, dallo Studio Chiomenti (Prof. Marco Maugeri e Avv. Filippo Modulo), dai Professori Giuseppe Ferri e Giuseppe Guizzi, dal Professor Paolo Montalenti, dal Professor Mario Notari e dal Professor Vincenzo Pinto.
Sembra riferirsi anche a questo la risposta a Vivendi di Tim del 30 ottobre firmata dal presidente Salvatore Rossi in cui, sempre secondo quanto si apprende, si afferma che dei cinque pareri legali che supportano le conclusioni del socio non si puo’ far altro che “prendere atto”, visto che ad oggi Tim non ne conosce nè il contenuto né le analisi fattuali e tecnologiche che sarebbero da ritenere invece essenziali per decidere di questa materia.
Anche nel caso del parere di Enriques, nella lettera al board Vivendi ne riassume le conclusioni precisando tra l’altro che: “se il Comitato Parti Correlate esprimesse un parere negativo ovvero positivo ma condizionato o con rilievi, e il Consiglio di Amministrazione di Tim non ritenesse di adeguarsi a tale parere o di non recepire integralmente i suddetti rilievi, ai sensi della normativa applicabile e della procedura interna di Tim in materia di operazioni con parti correlate, la prospettata dismissione dovrà essere sottoposta all’autorizzazione dell’assemblea ordinaria di Tim”.
La posizione di Vivendi è stata riaffermata ieri da una lettera firmata dal general counsel Frederic Crepin in cui si legge che l’approvazione dell’operazione richiede sia un preventivo parere positivo e privo di rilievi da parte del Comitato Parti Correlate, sia una previa delibera dell’assemblea degli azionisti. In mancanza, Vivendi prospetta il ricorso alle vie legali.
Assemblea ordinaria, consultiva, straordinaria, ma ci sarebbe una terza via. Spunta infatti l’ipotesi che l’offerta possa essere oggetto di di un S-D engagement ‘one way’, una pratica in cui l’azienda ascolta il mercato su un tema di particolare importanza. E mentre resta l’ipotesi che il cda potrebbe valutare di convocare gli azionisti ad esprimersi in un’assemblea ordinaria consultiva, fornendo un loro parere non vincolante sull’operazione, sulla falsariga di quanto già avvenuto in Atlantia per la cessione di Aspi, l’azienda starebbe anche valutando la strada strada ‘S-D (Shareholder-director) engagement in modalità ‘one way’ con una call al mercato, agli investitori, che potrebbero dire la loro sull’operazione con i rappresentanti di Tim in una posizione “di ascolto”.
Tale tipologia di engagement è caratterizzata dalla sostanziale assenza di rischi sottesi alla normativa applicabile in tema di flussi informativi e market abuse. Come a dire che mette al riparo informazioni sensibili su cui appare opportuno mantenere una dose di riservatezza. L’assemblea consultiva sarebbe comunque uno strumento valido, secondo i pareri legali raccolti dall’azienda sul tema, visto che non sarebbe necessaria una modifica dello statuto, considerato che Tim continuerebbe ad operare come operatore di rete mobile e gestirebbe attività di rete fissa.