(Adnkronos) – “Il filo conduttore” degli episodi di violenza con protagonisti adolescenti registrati in questi giorni di fine estate (dagli stupri di gruppo a Palermo e Caivano all’uccisione a calci di una capretta a Fiuggi, fino alla morte a Napoli di un musicista 24enne, per mano di un 16enne armato di pistola) “è la crudeltà, la prevaricazione, l’oggettivazione. Sono tutte azioni legate ovviamente all’impulsività. Ma quello che mi ha colpito di più è che questi giovani agiscono come se non ci fosse un domani, con una spinta, una sorta di ispiratore occulto, che è la distrazione digitale. Questi ragazzi sono fondamentalmente intrappolati nel presente, senza avere una possibilità di pensiero al futuro”. E’ l’analisi di Claudio Mencacci, direttore emerito di Neuroscienze all’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano e co-presidente Sinpf (Società italiana di neuropsicofarmacologia).
L’esperto evidenzia all’Adnkronos Salute alcuni aspetti che accomunano i recenti fatti di cronaca. Una è l’assenza di un domani, appunto. “Perché queste azioni distruggono il futuro, distruggono il futuro di chi ovviamente le ha subite ma distruggono anche il futuro di chi le ha commesse”, ragiona l’esperto che si dice colpito anche dal fatto che queste azioni siano state filmate ed esibite. Per questo chiama in causa la distrazione digitale: questi ragazzi “sono spesso chiamati a diventare loro stessi spettacolo, creando anche un contagio emotivo, una sorta di pandemia emotiva che spinge sempre più a raccogliere gruppi di persone che riflettono sempre meno. L’immediatezza di ogni cosa spinge a non riflettere sulla conseguenza delle azioni”.
Poi, aggiunge Mencacci, entra in gioco anche un altro elemento: “E’ chiaro che ci sono alcune condizioni che mostrano un Paese ancora vittima di maschilismo e prevaricazione, di battute fuori luogo, palpeggiamenti. C’è tutto un modo di fare che ci viene rimesso davanti. E facciamo poco perché questo cambi, perché ci sia un’educazione ai sentimenti, che potrebbe essere l’antidoto e dovrebbe cominciare già dalle scuole dell’infanzia. Al posto di una spinta positiva, invece oggi vediamo una fortissima spinta verso le cose più deteriori”.
E c’è una sorta di “deresponsabilizzazione educazionale. Dove sono i genitori? In queste situazione questa figura si perde – osserva lo psichiatra – E l’assenza spinge in qualche modo a giustificare sempre, e a minimizzare le azioni dei propri figli, anche per non ammettere a se stessi di essersi distratti dal trasmettere loro qualcosa di educativo, il rispetto della propria umanità e di quella dell’altro”. Così facendo, oggi “si congela tutto nel presente. Manca il futuro, le conseguenze, il cambio di traiettoria della vita di tutte le persone che sono state coinvolte”. L’educazione “alla gentilezza e al rispetto – conclude – dovrebbe dunque cominciare fin da piccoli. E’ un modo di concepire una convivenza sociale. E’ una scelta di fondo di un Paese, la base di qualunque sviluppo: il rispetto della dignità dell’altro”.