(Adnkronos) – L’intelligenza artificiale è ‘brava’ come due radiologi a leggere una mammografia e a capire se merita approfondimenti; non rischia più di 4 occhi umani di vedere una lesione sospetta laddove non c’è, e riesce quasi a dimezzare il carico di lavoro degli specialisti in carne e ossa. A promuovere l’Ai per il contributo che può dare allo screening del cancro al seno sono i risultati preliminari del primo studio che ha messo direttamente a confronto le performance dell’intelligenza artificiale di fronte a un esame mammografico con la lettura standard fatta da una coppia di radiologi. Dati positivi pubblicati su ‘The Lancet Oncology’, che tuttavia non bastano a concludere se l’impiego dell’Ai nello screening mammario è giustificato o meno. Per dirlo, la ricerca dovrà continuare.
Tra aprile 2021 e luglio 2022, oltre 80mila donne di età compresa tra 40 e 80 anni che hanno fatto la mammografia in 4 centri nel sud-ovest della Svezia sono state assegnate in modo casuale in 2 gruppi: metà esami sono stati analizzati dall’intelligenza artificiale e successivamente letti anche da uno o due radiologi, a seconda del livello di rischio cancro rilevato dall’Ai su una scala da 1 a 10; per l’altrà metà è stata seguita la procedura tradizionale senza aiuto dell’intelligenza artificiale, che prevede l’analisi da parte di due radiologi. Il trial così disegnato, chiamato Masai (Mammography Screening with Artificial Intelligence), è ancora in corso e si prevede che per arrivare al responso finale ci vorranno ancora diversi anni. Ma un’analisi intermedia mostra “risultati promettenti”, ancorché “provvisori”, afferma l’autrice principale Kristina Lång, dell’università di Lund in Svezia.
L’Ai non è riuscita a esprimere un punteggio di rischio sulle mammografie esaminate solo nello 0,8% dei casi. I tassi di richiamo (donne che venivano ricontattate per ulteriori accertamenti) sono stati in media del 2,2% per lo screening supportato dall’intelligenza artificiale e del 2% per la doppia lettura standard senza Ai. Complessivamente, 244 donne (28%) richiamate in seguito allo screening con intelligenza artificiale hanno scoperto di avere un cancro, rispetto a 203 donne (25%) richiamate dopo screening standard, con il risultato di 41 tumori in più rilevati grazie all’aiuto dell’Ai (19 invasivi e 22 in situ). Il tasso di falsi positivi è stato dell’1,5% in entrambi i bracci del trial. Lo screening supportato dall’intelligenza artificiale ha mostrato un tasso di rilevamento del cancro pari a 6 donne su mille, rispetto a 5 su mille con la doppia lettura standard, il che equivale alla rilevazione di un cancro in più ogni mille donne sottoposte a mammografia. Un dato che i ricercatori ritengono particolarmente importante è che i radiologi del gruppo Ai hanno evitato 36.886 letture rispetto ai colleghi del gruppo di controllo (46.345 letture vs 83.231), con una riduzione pari al 44% del carico di lavoro per gli specialisti umani.
“Lo screening mammografico supportato dall’Ai – riassumono gli autori dello studio – ha portato a un tasso di rilevamento del cancro simile rispetto alla doppia lettura standard” umana, “con un carico di lavoro” per i radiologi “sostanzialmente inferiore, indicando che l’uso dell’intelligenza artificiale nello screening del tumore al seno è sicuro”.
I dati emersi da questa analisi ad interim del trial Masai “dovrebbero essere utilizzati per nuovi studi e valutazioni”, spiega Lång, anche con la prospettiva di tamponare “la marcata carenza di radiologi in molti Paesi. Ma non sono sufficienti – precisa – a confermare che l’Ai è pronta per essere usata nello screening mammografico” all’interno di programmi di prevenzione reali, ossia fuori dall’ambito sperimentale. “Dobbiamo ancora capire – puntualizza l’esperta – le implicazioni” dell’impiego routinario dell’intelligenza artificiale “sul risultato finale per il paziente. In particolare”, va chiarito “se la combinazione dell’esperienza dei radiologi con l’Ai può aiutare a rilevare i ‘tumori intervallo’ che spesso sfuggono allo screening tradizionale”, ossia le neoplasie che compaiono dopo un esame risultato negativo e prima del successivo, “nonché il rapporto costo-efficacia della tecnologia”.
“Al momento”, secondo Lång “la principale opportunità offerta dall’intelligenza artificiale è che potrebbe sollevare i radiologi da un’eccessiva mole di letture”. Infatti, “sebbene il nostro sistema di screening supportato dall’Ai richieda il controllo di almeno un radiologo, potenzialmente potrebbe eliminare la necessità di una doppia lettura della maggior parte delle mammografie, alleviando il carico di lavoro” per i ‘camici bianchi’ che “potrebbero concentrarsi su una diagnostica più avanzata, accorciando i tempi di attesa per i pazienti”.
Su Lancet Oncology l’articolo è corredato da un commento dell’italiano Nereo Segnan, ex capo dell’Unità di Epidemiologia del cancro ed ex direttore del Dipartimento Screening al Cpo Piemonte (Centro di riferimento per l’epidemiologia e la prevenzione oncologica in regione), non coinvolto nello studio Masai.
Lo specialista osserva che il punteggio di rischio tumore fornito dall’intelligenza artificiale sembra “molto accurato nel riuscire a distinguere le donne ad alto rischio da quelle a basso rischio”, ed evidenzia dunque il “potenziale notevole” dell’Ai “nei protocolli di screening stratificati per il rischio, per modulare adeguatamente i criteri di richiamo” delle pazienti che meritano approfondimenti diagnostici.
Tuttavia, “nel gruppo in cui lo screening è stato supportato dall’intelligenza artificiale”, Segnan fa notare “la possibile presenza di sovradiagnosi o sovra-rilevazione di lesioni indolenti, come una porzione rilevante di carcinomi duttali in situ”. Un elemento che “dovrebbe indurre alla prudenza nell’interpretazione di risultati che altrimenti sembrerebbero immediatamente favorevoli all’uso dell’Ai” per i programmi di screening contro il cancro del seno. Per l’esperto “è quindi importante acquisire informazioni biologiche sulle lesioni rilevate”, e “ci si aspetta che i risultati finali dello studio Masai le indichino”. In conclusione, secondo Segnan “resta un’importante domanda alla quale la ricerca deve rispondere: l’intelligenza artificiale, se opportunamente addestrata”, di fronte a una lesione sospetta “è in grado di rilevare caratteristiche biologiche importanti per la storia naturale della malattia, come la capacità dei tumori di crescere e diffondersi?”.