(Adnkronos) – “Rassegnazione, senso di vulnerabilità e di impotenza, paura, fatalismo”. Sono i sintomi di quella che “nell’era dell’ebollizione globale”, come l’ha chiamata il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, “viene ormai definita eco-ansia. Sentimenti che stanno penetrando sempre più a fondo nel nostro tessuto sociale e che ci rubano la voglia di futuro”, con “una ripercussione che vedremo soprattutto sulle nascite”. Lo psichiatra Claudio Mencacci, direttore emerito di Neuroscienze all’Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano e co-presidente Sinpf (Società italiana di neuropsicofarmacologia), descrive così all’Adnkronos Salute “l’effetto più grave” che l’angoscia da cambiamento climatico potrebbe causare a lungo termine: “Un ulteriore crollo delle nascita, un’emergenza denatalità ancora più drammatica di quella che stiamo vivendo”.
All’indomani del monito lanciato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che insieme ad altri cinque capi di Stato del Mediterraneo ha avvertito “non c’è più tempo da perdere”, Mencacci sottolinea come “finalmente gli appelli della scienza cominciano a essere ascoltati. Perché in questa condizione a cui tutti siamo esposti – spiega – dobbiamo avere sempre più forte la consapevolezza che la salute fisica e mentale delle generazioni future dipendono dalle nostre azioni di oggi. Questo deve essere il punto centrale: va capito che la nostra capacità di essere o meno dei ‘bravi antenati’ dipende dalle scelte di oggi”.
“Cambiamento climatico e inquinamento atmosferico – rimarca lo psichiatra – sono due elementi si intrecciano tra di loro, rappresentano una vera minaccia per la salute pubblica e vedono più esposti le donne in gravidanza, i bambini e soprattutto quelle coppie che decideranno di non avere figli perché hanno paura del futuro. Questo è il tema e ormai chiama in causa tutti noi in maniera espressa. Essere o meno dei bravi antenati – insiste Mencacci – dipende da noi, da ognuno di noi, ora”.
“Milano città ferita adesso ha paura, crescerà disagio” – “Gli alberi volati via come pagliuzze, come nella favola del lupo che soffia sulla casa dei tre porcellini e la distrugge”. E poi le auto sotto la grandine, e “le abitazioni esposte” alla furia di quello che “non è più un temporale estivo, ma può diventare uragano. Milano ha avuto paura, io ho avuto paura”, confessa Mencacci mentre la “città ferita” chiude i suoi parchi, contando le ore che la separano dal “ciclone” annunciato dai meteorologi nella giornata di oggi. Uno stato d’allerta costante, ragiona l’esperto, probabilmente destinato in futuro ad aumentare le situazioni di disagio psicologico.
“Abbiamo sperimentato quello che è il totale ridimensionamento della capacità di controllo, dell’idea che ci si può salvaguardare”, analizza Mencacci. “Ci siamo sentiti esposti e vulnerabili” pur nella natura addomesticata di una metropoli, in balia degli eventi dentro a “un ambiente che non viene più vissuto come un luogo di sicurezza, ma diventa un luogo che da un momento all’altro può cambiare e farci male. Le persone hanno sentito il pericolo di questa potenza fuori controllo”.
E se “gli effetti acuti sulla psiche sono il panico, il senso fortissimo di fragilità, le ripercussioni di uno stato di allerta prolungato – elenca lo specialista – molte delle conseguenze le vedremo nel tempo. Perché quando le persone sono così spaventate tendono a rinchiudersi, a uscire sempre di meno, perché adesso anche gli alberi fanno paura. E dietro le porte”, come ci ha insegnato anche la pandemia di Covid, “cresce il disagio”.