(Adnkronos) – Avere nella mezza età quantità più elevate di grasso viscerale nell’addome – grasso nascosto che circonda gli organi interni – sembra essere collegato allo sviluppo della malattia di Alzheimer. A suggerirlo è uno studio, fra i lavori protagonisti del prossimo incontro annuale della Radiological Society of North America (Rsna), in programma dal 26 novembre a Chicago. Gli autori hanno scoperto che questo grasso addominale nascosto è correlato a cambiamenti nel cervello fino a 15 anni prima che si manifestino i primi sintomi di perdita della memoria.
Si stima, spiegano gli esperti, che una donna su 5 e un uomo su 10 svilupperanno la malattia nel corso della loro vita. Per cercare di identificare precocemente i rischi, i ricercatori hanno valutato l’associazione tra i volumi della risonanza magnetica cerebrale, nonché l’assorbimento di amiloide e tau – proteine che si ritiene interferiscano con la comunicazione tra le cellule cerebrali – nelle scansioni Pet, e l’indice di massa corporea (Bmi), l’obesità, la resistenza all’insulina e il grasso addominale in una popolazione di mezza età normale da un punto di vista cognitivo.
“Ci sono stati altri studi che collegano il Bmi con l’atrofia cerebrale o anche con un rischio più elevato di demenza, ma nessuno studio precedente ha collegato un tipo specifico di grasso alla proteina dell’Alzheimer in persone cognitivamente normali”, spiega l’autore della nuova ricerca, Mahsa Dolatshahi, ricercatrice post-dottorato del Mallinckrodt Institute of Radiology (Mir) alla Washington University School of Medicine di St. Louis. “Studi simili non hanno indagato il ruolo differenziale del grasso viscerale e sottocutaneo, soprattutto in termini di patologia amiloide dell’Alzheimer, già nella mezza età”.
Per questo studio i ricercatori hanno analizzato i dati di 54 partecipanti cognitivamente sani, di età compresa tra 40 e 60 anni, con un Bmi medio di 32. I partecipanti sono stati sottoposti a misurazioni del glucosio e dell’insulina, nonché a test di tolleranza al glucosio. Il volume del grasso sottocutaneo e del grasso viscerale è stato con la risonanza magnetica addominale. La risonanza magnetica cerebrale ha misurato lo spessore corticale delle regioni cerebrali che vengono colpite dall’Alzheimer. La Pet è stata utilizzata per esaminare eventuali elementi patologici in un sottogruppo di 32 partecipanti, concentrandosi sulle placche amiloidi e sui grovigli tau che si accumulano nella malattia di Alzheimer.
I ricercatori hanno così scoperto che un rapporto più elevato tra grasso viscerale e sottocutaneo era associato a un maggiore assorbimento del tracciante Pet di amiloide nella corteccia del precuneo, regione nota per essere colpita precocemente dalla patologia amiloide nell’Alzheimer. Questa relazione era peggiore negli uomini che nelle donne. I ricercatori hanno anche scoperto che misurazioni più elevate del grasso viscerale sono correlate a un aumento del carico di infiammazione nel cervello. “Si suggerisce che diversi percorsi svolgano un ruolo”, spiega Dolatshahi. “Le secrezioni infiammatorie del grasso viscerale, in contrapposizione agli effetti potenzialmente protettivi del grasso sottocutaneo, possono portare all’infiammazione nel cervello, uno dei principali meccanismi che contribuiscono all’Alzheimer”.
I risultati dello studio hanno diverse implicazioni chiave per la diagnosi e l’intervento precoce, osserva l’autore senior Cyrus A. Raji, professore associato di radiologia e neurologia e direttore della risonanza neuromagnetica al Mir. Si evidenzia “un meccanismo chiave attraverso il quale il grasso nascosto può aumentare il rischio di malattia di Alzheimer”, dice. E si dimostra che “tali cambiamenti cerebrali si verificano già all’età di 50 anni, in media, fino a 15 anni prima che si manifestino i primi sintomi di perdita di memoria dell’Alzheimer”. Raji aggiunge anche che i risultati potrebbero indicare il grasso viscerale come obiettivo di un trattamento per modificare il rischio di future infiammazioni cerebrali e demenza. “Andando oltre l’indice di massa corporea e caratterizzando meglio la distribuzione anatomica del grasso corporeo sulla risonanza magnetica, ora abbiamo una migliore comprensione del motivo per cui questo fattore può aumentare il rischio di malattia di Alzheimer”, conclude.