(Adnkronos) – “Sempre di più emerge l’importanza di una valutazione olistica del paziente con Bpco”, la broncopenumopatia cornica ostruttiva, “considerando che la patologia respiratoria ha effetti estremamente significativi anche sull’apparato cardiovascolare”. Così Fabiano Di Marco, ordinario di Malattie dell’apparato respiratorio al Dipartimento di Scienze della salute dell’università degli Studi di Milano, presidente eletto della Società italiana di pneumologia (Sip-Irs) e direttore dell’Uoc di Pneumologia dell’Asst ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, commentando i risultati dello studio Exacos-Cv presentato al Congresso internazionale della European Respiratory Society (Ers) che si è svolto a Milano.
Si tratta di “uno studio molto grande, su decine di migliaia di pazienti con Bpco di 4 nazioni (Spagna, Olanda, Canada e Francia) – spiega Di Marco – che ha aggiunto dati molto importanti. Ha mostrato – riferiscde l’esperto – che dopo un ricovero per Bpco riacutizzata c’è un aumentato rischio di mortalità cardiovascolare a un anno. Ma il nuovo dato sorprendete, e allarmante, è che anche per le riacutizzazioni moderate – quelle che trattiamo in ambulatorio ‘banalmente’ con un antibiotico e cortisone – aumentano il rischio di mortalità cardiovascolare nel primo mese”.
La Bpco, ricorda Di Marco, “comprende la bronchite cronica ostruttiva e l’enfisema polmonare, che sono le due principali patologie respiratorie che hanno molte caratteristiche in comune e sono legate al fumo di sigaretta. La Bpco colpisce soprattutto fumatori o ex fumatori con più di 40 anni. Il prototipo del paziente è quindi quello dell’uomo e della donna – visto che l’abitudine tabagismo è molto diffusa anche tra le donne – che hanno fumato, o continuano a fumare, e che hanno sostanzialmente mancanza di fiato durante gli sforzi (molti si sottraggono allo sforzo e quindi non lo sanno), tosse cornica, magari mattutina, con espettorato”. La diagnosi di Bpco “si fa con la spirometria – prosegue lo specialista – Questo è l’esame di riferimento”, senza “non si può sapere di avere questa patologia, che colpisce più di 3 milioni di italiani e che, da sola, costituisce il 50% di mortalità per patologia respiratoria”. Il dato va considerato in un’area che comprende anche malattie come “il tumore del polmone e le polmoniti, patologie estremamente diffuse. Ahimè – osserva lo pneumologo – c’è anche una sovradiagnosi: ci sono pazienti che vengono definiti” affetti da “Bpco perché fumatori o ex fumatori che hanno mancanza di fiato, ma senza la spirometria non possiamo essere certi che abbiano la patologia”.
I pazienti con Bpco, puntualizza Di Marco, “hanno alcuni sintomi e aspetti clinici che riguardando la mancanza di fiato sotto sforzo. Nella nostra società si possono anche non fare sforzi, quindi i fumatori tendono a scotomizzare questo sintomo perché evitano lo sforzo. I rischi sono quelli di avere bronchiti che chiamiamo riacutizzazioni”, condizioni che mettono la persona con Bpco “a serio rischio. Se il paziente infatti deve essere ricoverato, ha un 20% di mortalità nel primo mese: parliamo di numeri enormi”, rimarca l’esperto.
Negli ultimi tempi, conclude il presidente eletto Sip-Irs, “abbiamo scoperto”, e confermato dallo studio appena presentato, “che questi episodi di riacutizzazioni di bronchite aumentano la mortalità che, spesso, è di natura cardiovascolare. I due organi vivono a stretto contatto e una patologia respiratoria come una bronchite aumenta il rischio, a breve o lungo periodo, di avere problemi cardiovascolari”, ma “anche nelle forme moderate”.