(Adnkronos) – “Abbiamo la necessità di accompagnare i nostri giovani studenti in una fase evolutiva e di consegnarli, ci auguriamo, ad una società pronta a prendersene cura”. Lo ha detto Giuseppe Carrà, professore di Psichiatria dell’università degli Studi di Milano–Bicocca, a margine dell’evento ‘Socialized Minds, la salute mentale giovanile nell’era dei social’, organizzato da Janssen (J&J) e dall’università Milano-Bicocca e con il patrocinio del Comune di Milano, in occasione della giornata mondiale della salute mentale 2023. Lo psichiatra commenta i risultati dell’indagine condotta dalla Bicocca, in collaborazione l’università britannica del Surrey, sulla popolazione giovanile, in particolare quella studentesca, dalla quale è emerso che “al di là di alcune differenze probabilmente dovute a caratteristiche culturali specifiche, l’espressione della sofferenza mentale da parte dei giovani – afferma Carrà – è molto simile e le dimensioni che vengono lamentate sono soprattutto quelle di solitudine, di disconnessione sociale, di intensa ansia per sfociare nei pensieri depressivi di stampo autolesivo”.
“Penso che gli operatori della salute mentale – sottolinea lo psichiatra – abbiano il dovere, oltre che di curare i propri utenti, anche di occuparsi delle proprie comunità, intercettando le agenzie educative e i soggetti informali che nel territorio vivono accanto ai giovani e fornendo loro gli elementi di conoscenza per precocemente individuare gli elementi di sofferenza in termine di benessere mentale dei nostri giovani. Oratori, associazioni sportive, aggregazioni informali – dettaglia – sono i luoghi dove dobbiamo andare a incontrare i nostri giovani per raccogliere una domanda di aiuto che forse non è ancora completamente espressa ma che dobbiamo essere in grado di cogliere”.
“Sicuramente questo che viviamo è un tempo particolare – riflette lo psichiatra -. Dopo la pandemia, i disturbi d’ansia e depressione hanno lasciato uno strascico pesante sulla nostra popolazione e in particolare sui giovani. L’epidemia che ci sta coinvolgendo ci fa porre delle domande, come ad esempio: sono le persone ad essere affaticate o è la nostra società che in questo tempo difficile rappresenta un fattore di rischio per la salute mentale? La risposta, come avviene per tutti i problemi complessi, non può essere semplice e probabilmente sono vere entrambe le circostanze. Ansia e depressione sono disturbi medici che però determinanti sociali di particolare significato possono profondamente condizionare. Abbiamo bisogno – conclude Carrà – di interventi clinici e sanitari ma anche di politiche sanitarie che vadano a rimuovere i determinanti sociali di questo insidioso e ormai prevalente malessere”.