(Adnkronos) – La celiachia ha le massime probabilità di manifestarsi non solo quando la predisposizione è più marcata, ma anche se sono stati assunti antibiotici o determinati farmaci anti-acido, gli inibitori della pompa protonica, per periodi prolungati e soprattutto nelle bambine. Per contro, il suo sviluppo sembra invece essere chiaramente ostacolato nei bambini maschi che, oltre ad avere un rischio genetico meno acuto, assumono probiotici, hanno accanto a sé animali domestici come cani e gatti e hanno avuto infezioni virali. E’ quanto emerge da uno studio condotto in Italia e Usa, che ha chiarito come alcuni fattori ambientali abbassano e altri aumentano le probabilità di sviluppare malattia celiaca in bambini predisposti all’intolleranza al glutine. la ricerca è stata presentata al Congresso nazionale della Società italiana di Gastroenterologia e Nutrizione pediatrica (Sigenp) in corso a Matera.
Era noto da tempo che una determinata struttura del sistema Hla (un gruppo di geni) fosse una condizione quasi necessaria per lo sviluppo della celiachia. Ma non era chiaro perché la malattia insorgesse effettivamente solo nel 3% dei soggetti con questo difetto genetico. Lo studio condotto negli Usa, ad Harvard, e in Italia a Roma, Milano, Ancona, Salerno, Bari, Bergamo, Genova, Bologna, ha confermato i legami tra l’insorgenza della celiachia e determinati fattori ambientali “che a questo punto sono evidenti, ma – commenta Claudio Romano, presidente Sigenp – andranno indagati a fondo in altri studi, per comprenderne la natura e i meccanismi. Tuttavia, quello che è emerso da questa ricerca è importante perché fornisce indicazioni che potrebbero aiutare a prevenire o almeno a non favorire la patologia”.
Lo studio, promosso da Alessio Fasano del Massachusetts General Hospital, Harvard Medical School, Boston e coordinato in Italia da Francesco Valitutti, ricercatore in Pediatria presso l’università di Perugia, è stato condotto finora su 423 bambini (219 negli Usa e 204 nel nostro Paese), seguendoli dalla nascita fino ai 7 anni analizzando 80 fattori clinici identificati da questionari longitudinali, compilati periodicamente dai genitori, relativi a dati demografici, storia medica, ambiente e abitudini alimentari.
“Lo studio – sottolinea Valitutti – si pone fondamentalmente due obiettivi ambiziosi: identificare marcatori non invasivi per una diagnosi molto precoce della celiachia; intercettarla prima del suo pieno sviluppo clinico, nell’ottica di una prevenzione primaria della stessa, contrastando i fattori di rischio ambientali e facendo in modo che non si perda del tutto la tolleranza immunologica al glutine”.