(Adnkronos) – La celiachia, la più frequente patologia autoimmune del bambino, che coinvolge in prima istanza ‘intestino, registra nel nostro Paese una prevalenza tra le più alte al mondo: un caso ogni 60. E’ quanto emerge da uno studio multicentrico condotto su 9.000 alunni delle scuole elementari a Verona, Milano, Roma, Padova, Salerno, Ancona, Bari e Reggio Calabria. Un risultato che vede l’Italia all’avanguardia nello studio di una condizione che sta aumentando e non solo in età pediatrica, sottolinea la Società italiana di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica (Sigenp), che ha condotto la ricerca presentata oggi al ministero della Salute.
“Malgrado il crescente interesse verso questa condizione nell’ambito medico e generale – afferma Claudio Romano, presidente Sigenp e direttore dell’Unità operativa di Gastroenterologia pediatrica e fibrosi sistica dell’Università di Messina – ancora rimangono tanti i casi di celiachia non diagnosticati, per cui la ricerca dei casi sfuggiti a una diagnosi rappresenta ad oggi un obiettivo primario dal punto di vista sanitario. La terapia della celiachia consiste nella dieta, con esclusione rigorosa del glutine contenuto in alcuni cereali, tra cui il frumento, per tutta la vita. La Sigenp si è impegnata nello studio più ampio mai realizzato al mondo su questo tema”. Lo screening di primo livello – spiega la società scientifica in una nota – è stato condotto attraverso un semplice pungidito per verificare, su una goccia di sangue, la presenza di anticorpi che indicano la predisposizione genetica. I bambini positivi a questa prima indagine sono stati poi invitati a sottoporsi a un prelievo di sangue per verificare più approfonditamente la diagnosi di celiachia.
“Il lavoro che presentiamo oggi – evidenzia Carlo Catassi, direttore della Clinica pediatrica dell’Università Politecnica di Ancona e ideatore del progetto – è stato pubblicato sulla rivista ‘Digestive and Liver Disease’, una tra le prime a livello mondiale nell’ambito della gastroenterologia, disponibile online e visibile a tutti. Si tratta dello studio più ampio mai eseguito in Italia sulla celiachia, uno dei maggiori al mondo, e ha messo in luce l’alta prevalenza di questa condizione nel nostro Paese: in Italia circa un bambino su 60 è celiaco. Si tratta di una patologia permanente, che richiederebbe una diagnosi tempestiva per scongiurare complicanze tardive anche gravi, come osteoporosi, infertilità, rari casi di tumore”.
Oltre alla grande diffusione di questa condizione in Italia, “lo studio – aggiunge Catassi – ha rilevato anche un serio problema di sottodiagnosi. Solo il 40% dei casi ottiene una diagnosi di celiachia su basi cliniche. I medici prestano molta attenzione al minimo sospetto di celiachia, ma spesso i genitori non portano i figli dal pediatra perché non rilevano sintomi particolari”. Tra i primi campanelli d’allarme – avvertono gli esperti – vanno considerate la familiarità per celiachia e la presenza di altre patologie autoimmuni, che spesso si manifestano nello stesso soggetto o in ambito familiare. Possono essere sintomi di celiachia la diarrea o la stitichezza, i dolori addominali, l’anemia da carenza di ferro, il vomito, la stanchezza cronica, solo per elencarne alcuni. La patologia si può manifestare “a ogni età, anche nell’adulto – precisa Catassi – ma spesso insorge nel bambino dopo il divezzamento, cioè quando il piccolo inizia a introdurre glutine nell’alimentazione, nutrendosi anche con farine, pane, pasta e biscotti. La latenza è di alcuni mesi o anni, poi si può si manifestare la patologia. La fascia d’età più colpita è quella che va dai 2 ai 10 anni”.
Più colpite le femmine rispetto ai maschi, in rapporto di 2 casi a 1, rimarca la Sigenp, ricordando che quasi tutte le malattie autoimmuni sono più frequenti nel sesso femminile. Per quanto riguarda la distribuzione geografica, è ormai certo che l’Italia è tra i Paesi in cui la prevalenza è maggiore, insieme a Svezia, Finlandia, ma anche India e Nord Africa, elencano gli specialisti. In Giappone o nelle Filippine la celiachia è una condizione assolutamente rara, per le caratteristiche dell’alimentazione orientale basata sul riso. Ma oggi la situazione sta cambiando: popolazioni che difficilmente si nutrivano con derivati del frumento oggi iniziano a consumare panini con hamburger e pizze, e per questo stanno aumentando anche in quelle zone i casi di celiachia.
Sulle cause del problema gli esperti sono d’accordo: si può affermare che la celiachia per il 40% dipende dalla predisposizione genetica, per un altro 40% dall’alimentazione, il restante 20% da fattori ancora sconosciuti. Se una persona ha la predisposizione genetica, ma non consumerà mai glutine, non svilupperà la malattia. Alla luce di questi risultati, bisogna quindi trovare strategie per tenere sotto controllo il fenomeno. “Le indicazioni emerse dal nostro studio sottolineano la necessità di uno screening nazionale della celiachia – conclude Catassi – perché abbiamo verificato che, nonostante l’attenzione che i pediatri italiani pongono sull’argomento, la sottodiagnosi è ancora un problema enorme”.