(Adnkronos) – Ogni anno in Italia vengono intentate 35.600 nuove azioni legali contro medici e strutture sanitarie pubbliche, mentre ne giacciono 300mila nei tribunali. Oltre la metà di queste sono in corso tra Lombardia e Lazio, secondo dati diffusi oggi a Milano. Ma nel 97% dei casi nell’ambito penale si traducono in un nulla di fatto e con il proscioglimento, però con costi significativi. E non è un caso, segnalano gli esperti, che digitando su Google le parole ‘colpa medica’ ai primi posti compaiono voci sponsorizzate che recitano, più o meno: “Denunciare un medico, richiedi il tuo risarcimento”, “Vittima di un danno medico? Risposta in tempi rapidi”, e così via.
La paura delle denunce preoccupa i medici e ha un impatto sull’attività professionale quotidiana. Ed è quello che oggi a Milano specialisti di diversi settori – fra cui i più esposti, come la ginecologia, la chirurgia, l’ortopedia – hanno raccontato, portando la loro testimonianza ad Adelchi d’Ippolito, il presidente della Commissione ministeriale per lo studio e l’approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica, istituita con un decreto del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, il 28 marzo scorso e insediata il 13 aprile. Spesso al centro delle denunce ci sono infezioni correlate all’assistenza sanitaria (6-700mila casi) che si trasformano in decessi nell’1% (parliamo comunque di 6-7mila persone). Si tratta di stime (in Italia non ci sono statistiche attendibili) e i casi sono in diminuzione. Ma tutto questo susseguirsi di azioni legali a carico di medici e strutture ha fra i suoi effetti la cosiddetta medicina difensiva, con i suoi alti costi che finiscono non solo a carico di medici e pazienti, ma soprattutto della sanità pubblica – oltre 10 miliardi ogni anno – andando a incrementare ulteriormente le già lunghe liste di attesa.
Il tema è caro al ministro della Salute, Orazio Schillaci, che si è già espresso a favore di una revisione in senso più protettivo della legge ‘Gelli-Bianco’ attualmente in vigore. “L’obiettivo non è certo l’impunità, ma quello di individuare un perfetto punto di equilibrio tra la piena tutela del paziente e la serenità del medico, perché un professionista sereno è di interesse della collettività – spiega d’Ippolito, procuratore della Repubblica di Venezia, che negli anni di carriera ha ricoperto tra i vari incarichi anche il ruolo di primo Consigliere del ministero della Salute – Il dato dal quale partiamo è che, su 100 denunce che si fanno contro i medici, solo 3 si concludono con la condanna. Quindi significa che le altre 97 si dimostrano infondate, appesantendo la Giustizia e rendendo i medici più preoccupati, costretti al ricorso alla medicina difensiva. Abbiamo già ascoltato le associazioni scientifiche dei medici e il presidente della Fnomceo”, la Federazione nazionale degli Ordini medici. “Quello di oggi a Milano è il primo di una serie di incontri con gli Ordini dei medici sul territorio, con le assicurazioni e le associazioni dei pazienti”.
D’Ippolito ha espresso al presidente di Fnomceo Filippo Anelli la volontà di dialogare con i professionisti dei diversi Ordini provinciali, incontrandoli nelle regioni di appartenenza, per raccogliere pareri in merito alla proposta avanzata da Schillaci, in modalità propedeutica a un disegno di legge di iniziativa governativa. Si comincia con l’Ordine dei medici di Milano. “La depenalizzazione della colpa medica significa la non imputabilità del medico per omicidio colposo/lesioni colpose. Noi siamo favorevoli, ma vi sono pareri contrastanti tra i giuristi”, osserva il presidente di Omceo Milano, Roberto Carlo Rossi, in occasione dell’incontro che si è tenuto all’università Statale del capoluogo lombardo. “Alcuni ritengono la richiesta anticostituzionale – rimarca – In merito alla questione qualche passo è stato già compiuto attraverso una ‘blanda’ revisione del Codice penale prevista dalla Legge Gelli, risultata tuttavia poco efficace”.
“Va detto – aggiunge Rossi – che la stessa Gelli non viene equamente e adeguatamente applicata su tutto il territorio nazionale; pertanto, ha un ampio margine di miglioramento. Inoltre, anche da un punto di vista civilistico, i medici sono ancora troppo esposti. Infatti, se da un lato la Legge Gelli favorisce che venga chiamata in causa la struttura sanitaria piuttosto che il medico, dall’altro il medico è a sua volta spesso tratto in causa dalla struttura”, precisa il presidente. “Sin dagli albori del diritto – prosegue Giuseppe Deleo, medico legale e consigliere dell’OmceoMi – si è di fatto applicata alla colpa medica la medesima criteriologia delle altre ‘colpe’, senza però tenere conto dell’unicità e peculiarità del ruolo del medico stesso, la cui opera insiste per forza di cose sull’incolumità del corpo e della persona, attraverso la somministrazione di terapie mediche o attraverso i trattamenti chirurgici, per tutelare il benessere della persona stessa. In funzione di tutto ciò, e senza certamente volere sfuggire al riscontro giudiziario, il medico meriterebbe un inquadramento legislativo e giuridico dedicato e a sé stante a motivo della profonda differenza sostanziale di ruolo rispetto a qualunque altra figura di potenziale responsabile civile”.
“Quello che noi proponiamo – riferisce Rossi – è di agire sulla colpa medica, che nel 95% dei casi dal punto di vista penale finisce in un niente di fatto, ma resta una spada di Damocle sulla testa del medico. Anche in caso di assoluzione, infatti, il medico stesso è gravato dal carico di spese legali. Fatta salva la disponibilità di eventuali assicurazioni. Il problema resta quindi in ambito civile. Sia chiaro: non si chiede l’impunità assoluta, poiché in caso di evidente errore sanitario, in sede civile è sempre possibile per il danneggiato fare causa. Ma in quel caso, di solito, subentrano le assicurazioni per l’aspetto pecuniario”.