(Adnkronos) – “Il rapporto con le associazioni pazienti è uno dei pilastri fondamentali della strategia di un’azienda farmaceutica oggi. Non c’è innovazione senza che questa innovazione diventi accessibile per loro. Ed è fondamentale il ruolo che hanno nell’aiutarci a rendere possibile che il sistema si adegui e sia in grado di arrivare a dare accesso ai nuovi farmaci e all’innovazione. Oggi noi stiamo imparando ad ascoltarli di più e la loro richiesta è quella di non essere più soggetti passivi, ma di essere soggetti attivi nella ricerca di soluzioni, sin dalla fase di definizione dei protocolli degli studi clinici, che devono rispondere anche a domande che provengono dalla stessa esperienza del primo utilizzatore dei farmaci, fino poi alla definizione dei servizi a supporto del paziente, della famiglia e dei caregiver nella fase di somministrazione e monitoraggio successivo”. E’ il quadro tracciato da Valentino Confalone, Country President e Amministratore delegato di Novartis Italia, a margine della presentazione del Rapporto sulla valorizzazione della rete dei volontari Alleati per la salute, oggi a Milano.
Si tratta di una fotografia dell’impatto generato dall’attività di 5 associazioni della rete Alleati per la salute, coinvolte in un’alleanza strategica che Novartis ha avviato 15 anni fa. “Il dialogo con le associazioni che rappresentano l’interesse dei pazienti è fondamentale – evidenzia il manager – e deve essere un dialogo che dia loro un ruolo attivo, non più solo di ascolto passivo ma davvero di coinvolgimento nel processo decisionale. Mentre noi abbiamo storicamente una capacità di fare ricerca, sviluppare innovazione e comunicare la nostra innovazione, negli ultimi 10 anni abbiamo imparato anche a collaborare con le istituzioni per far evolvere il sistema salute e farlo diventare più efficiente, o almeno fare la nostra parte perché questo avvenga”.
Se c’è un punto in cui c’è ancora “tanto lavoro da fare – ammette – è proprio nel migliorare la nostra capacità di ascolto dei pazienti. Siamo bravi a lavorare con loro sulla parte di supporto nella fase di somministrazione e monitoraggio, la fase quindi dell’utilizzo di un farmaco. Dobbiamo diventare più bravi nella fase iniziale di ascolto, quando cioè andiamo a individuare e definire i protocolli clinici per esempio”. Confalone cita i ‘patient-reported outcome’: “I risultati del farmaco in termini di beneficio percepito dal paziente, spesso qualitativo più che quantitativo, sono un elemento su quale appena oggi abbiamo cominciato a interrogarci, sia le aziende farmaceutiche e sia le istituzioni. Ecco, questa è un’area sulla quale dobbiamo imparare a diventare più sofisticati e più precisi nell’individuazione delle soluzioni adeguate che servano a migliorare la qualità di vita del paziente come la percepisce lui, non come viene percepita tramite il clinico, e tramite quello che noi aziende farmaceutiche possiamo comprendere”.
Senza il Terzo settore, conclude, “sarebbe davvero un sistema sanitario probabilmente con dei gap più importanti. I numeri presentati oggi mi hanno colpito moltissimo: oltre un milione di ore di lavoro dei volontari delle associazioni pazienti, 70 mila visite gratuite garantite, una quantità di quasi 20 mila volontari” in campo. “Insomma, un impatto fondamentale, senza il quale il sistema sanitario, messo sotto pressione dai vincoli di bilancio, dai temi di sostenibilità, più difficilmente sarebbe stato in grado di affrontare quei gap” esistenti. “In questo il Terzo settore fa davvero un lavoro importantissimo”.