(Adnkronos) – “La psoriasi è una malattia cronica. Quando ti colpisce non ti abbandona più. È ereditaria per il 50%, recidiva, autoimmune, non contagiosa e si accompagna a numerose comorbidità. Se non curata adeguatamente, la psoriasi può essere una malattia devastante”. Così Valeria Corazza, presidente Apiafco (Associazione psoriasici italiani amici della fondazione Corazza), a margine dell’evento milanese ‘Mettiamo la psoriasi fuori gioco’, durante il quale Ucb, azienda promotrice della campagna ha fatto il punto sull’iniziativa di sensibilizzazione sulla malattia che interessa circa 2 milioni di italiani.
“Oggi dobbiamo essere ottimisti – aggiunge Corazza – perché possiamo contare su un ventaglio di cure innovative molto promettenti grazie alle quali il paziente può migliorare in breve tempo e mantenere sotto controllo la malattia per lunghi periodi. L’aderenza terapeutica è un elemento fondamentale – sottolinea – ma con i nuovi farmaci è più facile ottenerla. E’ importante però che tutti, o perlomeno coloro che soffrono di psoriasi in forma grave, possano avere accesso a questi farmaci, cosa che ancora oggi in Italia non sempre accade. Questa è una delle battaglie che l’associazione porta avanti, sia a livello nazionale, che regionale. Alle istituzioni chiediamo che vengano rispettati i nostri diritti di pazienti”.
“C’è ancora chi pensa che la psoriasi – ricorda Corazza – sia una malattia che provoca solo inestetismi. Invece non è così, è una malattia complessa e va affrontata come tale con una presa in carico multidisciplinare. Il paziente – prosegue – deve essere curato dal punto di vista dermatologico, ma anche degli altri organi che eventualmente sono stati colpiti e soprattutto psicologico. Se un paziente ha il 90% del suo corpo coperto da placche e soffre anche di sindrome metabolica o altre comorbidità non si parla di psoriasi ma di malattia psoriasica. La cosa più importante – conclude – è sensibilizzare il paziente affinché possa spiegare a chi gli sta accanto di che malattia soffre. Se la gente si abituasse a vedere per la strada molte più persone che mostrano con coraggio le parti del corpo coperte dai segni della psoriasi, la malattia non farebbe più così paura e ci si abituerebbe a conoscerla e a riconoscerla”.