(Adnkronos) –
Nafamostat, un farmaco usato oggi solo in Giappone e in Corea nei pazienti in dialisi per le sue proprietà anticoagulanti, potrebbe salvare la vita a chi finisce in ospedale per Covid-19. Il medicinale evita infatti l’insorgenza della polmonite interstiziale grave, il primo killer dei malati Covid. E’ quanto emerge dallo studio Racona, disegnato e coordinato da Gian Paolo Rossi e Teresa Seccia del Dipartimento di Medicina dell’università di Padova. I risultati sono pubblicati sul ‘Journal of Clinical Medicine’.
Nafamostat è stato individuato dai ricercatori come “particolarmente attraente per il trattamento dell’infezione da Covid-19” perché inibisce in modo potente la serina proteasi transmembrana 2 (Tmprss2), un enzima che permette l’ingresso del virus nelle cellule e la sua replicazione. Inoltre, per le sue virtù anticoagulanti potrebbe prevenire la coagulazione intravascolare disseminata e l’embolia polmonare frequentemente associate all’infezione da Sars-CoV-2. L’obiettivo di Racona, progettato come studio clinico prospettico randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo – spiega l’ateneo padovano in una nota – è stato quello di indagare l’efficacia e la sicurezza di nafamostat mesilato somministrato in infusione endovenosa continua (0,10 mg/kg/h) per 7 giorni, in aggiunta al trattamento ottimale, nei pazienti ospedalizzati affetti da Covid-19.
I risultati di un’analisi ad interim hanno mostrato “la sicurezza del farmaco, utilizzato per la prima volta in Europa – precisa UniPd – su funzione renale, coagulazione e infiammazione”. Per nafamostat è stato osservato inoltre “un ottimo profilo di sicurezza”. Secondo gli autori “potrebbe rappresentare un’arma efficace, in particolare contro quelle varianti del virus che sono più dipendenti da Tmprss2, ad esempio la variante Omicron rispetto a quella Delta”. Afferma Dario Gregori, direttore dell’Unità di Biostatistica epidemiologica e Sanità pubblica dell’università di Padova: “Attraverso una sofisticata analisi statistica, lo studio ha anche evidenziato i potenziali benefici del farmaco nell’evitare la progressione verso la polmonite interstiziale grave che è stata la principale causa di morte nei pazienti Covid”.
Il lavoro – rimarca la nota – è stato possibile grazie a un finanziamento di Banca Intesa San Paolo e alla collaborazione con Margherita Morpurgo del Dipartimento di Scienze del farmaco dell’ateneo patavino.