(Adnkronos) – La variante Covid Pirola è stata isolata in Italia, a Brescia, mentre Eris si conferma predominante in Italia. Ma i sintomi sono sempre gli stessi? “Il monitoraggio continuo delle nuove mutazioni” di Sars-CoV-2 “rimane cruciale. Attualmente, nonostante l’identificazione di 102 mutazioni puntiformi specifiche, non ci sono prove sostanziali per classificare BA.2.86 o ‘Pirola’ e i suoi discendenti come varianti altamente preoccupanti. In effetti, la presenza prolungata di BA.2.86 contrasta con il consueto trend di varianti potenzialmente pericolose, che in genere vengono identificate rapidamente. Lo sviluppo di nuove mutazioni nelle varianti emergenti è un evento standard, guidato da deriva genetica, facilitando l’adattamento del virus al suo ospite”. Così le conclusioni di uno studio italiano in pubblicazione, che ha analizzato la nuova variante BA.2.86.
“Tuttavia, questa deriva genetica non ha portato invariabilmente ad un aumento della virulenza o della forma fisica. Una lezione chiave dalla pandemia sottolinea l’importanza di una sorveglianza sostenuta e basata sul genoma nell’anticipare il potenziale delle ondate epidemiche”, sottolineano i ricercatori Francesca Caccuri e Serena Messali dell’Università di Brescia, Fabio Scarpa dell’Università di Sassari, Massimo Ciccozzi dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, Arnaldo Caruso dell’Università di Brescia e Marta Giovannetti, Instituto Rene Rachou della Fundação Oswaldo Cruz, Minas Gerais (Brasile).
“La mutazione E484K, trovata in BA.2.86 e BA.2.86.1 – spiegano gli autori – è situata all’interno del legame del recettore (Rbd) e in precedenza ha attirato l’attenzione grazie alla sua associazione con varie preoccupazioni significative. In particolare – precisano i ricercatori – la mutazione E484K è stata rilevata in più virus, 94 varianti, come il ceppo B.1.351 del Sud Africa e il ceppo P.1 del Brasile. Le varianti che portano questa mutazione sembrano mostrare una maggiore capacità di sfuggire alle risposte del sistema immunitario, che comprendono anticorpi generati da precedenti infezioni o vaccinazioni. Questo implica che i virus con la mutazione E484K potrebbero possedere un potenziale intrinsecamente maggiore per l’evoluzione. Sono documentate reinfezioni che coinvolgono varianti con la mutazione E484K e quindi – rimarcano gli autori – vanno ulteriormente intensificate le indagini sulla protezione duratura conferita dal sistema immunitario”.