(Adnkronos) – Hanno il test Covid che risulta negativo da un numero di giorni che può sfiorare l’anno, ma ciò nonostante soffrono di una polmonite potenzialmente letale, del tutto simile a quella associata a un’infezione acuta da Sars-CoV-2. Un ‘mistero’ sul quale ha indagato uno studio dell’Università di Trieste, del King’s College of London e dell’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (Icgeb) triestino, pubblicato sul ‘Journal of Pathology’.
Gli scienziati – riferiscono da UniTs – hanno analizzato il tessuto polmonare di una particolare categoria di pazienti, quelli apparentemente negativizzati, ma le cui condizioni cliniche si sono progressivamente aggravate fino a condurli alla morte con sintomi del tutto sovrapponibili a quelli di un’infezione Covid acuta. La coorte analizzata, nonostante la ripetuta negatività virale fino a 300 giorni consecutivi, presentava evidenze di polmonite interstiziale focale o diffusa, accompagnata da estesa sostituzione fibrotica nella metà dei casi.
“Assolutamente inattesi – spiegano gli esperti – alcuni aspetti significativi dal punto di vista patologico”. Il primo aspetto è che, “nonostante l’apparente remissione virologica, la patologia polmonare si è rivelata molto simile a quella osservata negli individui con infezione acuta, con frequenti anomalie citologiche, sincizi e la presenza di caratteristiche dismorfiche nella cartilagine bronchiale”. Il secondo aspetto, ritenuto dagli autori “forse ancora più inquietante”, è legato all'”assenza di tracce virali nell’epitelio respiratorio, coerente con la negatività del test molecolare, mentre sono state individuate nella cartilagine bronchiale e nell’epitelio ghiandolare parabronchiale la proteina Spike e quella del nucleocapside virale, indispensabili rispettivamente all’infezione e alla replicazione del virus”. Dunque “il distretto cartilagineo appare come un ‘santuario’ che rende il virus non identificabile con alcuna delle metodiche di cui si dispone al momento”. Una sorta di ‘nascondiglio’ di Sars-CoV-2.
Insieme, questi i risultati indicano che “l’infezione da Sars-CoV-2 può persistere significativamente più a lungo di quanto suggerito dai risultati negativi dei test Pcr – sottolineano i ricercatori – con segni evidenti d’infezione in specifici tipi di cellule nel polmone. Quale sia il ruolo effettivo di questa latente infezione a lungo termine nel quadro clinico della cosiddetta ‘sindrome del Covid lungo'”, il Long Covid, però “resta ancora da esplorare”.
Lo studio, coordinato da Mauro Giacca, docente di Biologia molecolare dell’Università di Trieste, Group Leader del Laboratorio di Medicina molecolare in Icgeb, e in Gb direttore della Scuola di Medicina cardiovascolare del King’s College di Londra, ha tratto vantaggio – si legge in una nota – dalla pluriennale esperienza di Rossana Bussani dell’Istituto di Anatomia patologica di Asugi (Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina), docente di Anatomia patologica dell’Università di Trieste, nell’esame autoptico dei pazienti deceduti all’ospedale del capoluogo giuliano. Il team di scienziati include anche Chiara Collesi, docente di Biologia molecolare dell’Università di Trieste, e Serena Zacchigna, docente di Biologia molecolare dell’ateneo triestino e Group Leader del Laboratorio di Biologia cardiovascolare in Icgeb.