(Adnkronos) – Cosa hanno in comune un imbianchino e un golfista? Potrebbero condividere un ‘crack’ alla spalla. “Sono in aumento gli interventi di chirurgia per il ripristino della funzionalità della spalla: 30-40 anni fa ci si accontentava e magari neanche ci si sottoponeva a un’operazione, oggi la richiesta è cambiata. Ci sono 60-70enni che vogliono continuare a giocare a golf, tennis o a fare arrampicate, per cui scelgono di operarsi per la protesi alla spalla. Ma non solo, chi fa lavori manuali che comportano il dover alzare le braccia sopra la linea dell’orizzonte, penso agli imbianchini o ai manovali, può andare incontro a patologie degenerative legate all’usura e all’età, con problemi alla mobilità della spalla o rotture del tendine della cuffia dei rotatori”. Lo sottolinea all’Adnkronos Salute Stefano Gumina, ordinario di Ortopedia e Traumatologia all’Università Sapienza di Roma e presidente del 15.esimo congresso internazionale di Chirurgia della spalla e del gomito (Icses), in corso a Roma fino all’8 settembre.
“Un vecchio adagio afferma che di spalla non si muore, ma gli esiti di una frattura se non si interviene portano ad una limitazione funzionale dell’articolazione- chiarisce Gumina – I dati europei e mondiali ci dicono che l’impianto di protesi di spalla è aumentato esponenzialmente negli ultimi 15 anni. La tecnologia ci supporta, arrivano nuovi materiali e nuove acquisizioni scientifiche. Noi siamo tra i pochi chirurghi che vedono dai ragazzi agli anziani, dagli sportivi di elité a chi è vittima di incidenti stradali”.
Nel campo delle protesi ortopediche si parla molto di anca e ginocchio ma poco di spalla perché? “Primo perché l’anca e il ginocchio degenerano più facilmente rispetto alla spalla, si usurano di più visto che portano il peso del corpo. E poi c’è un aspetto sociale, l’artrosi con dolore alla spalla è meno frequente e poi essendo un arto superiore il paziente tende a rimandare la protesi”. Ma quante se ne fanno? “Un quindicesimo rispetto alle altre due articolazioni – risponde il professore – ma se ho una frattura molto scomposta alla testa dell’omero e si è anche in là con l’età la protesi alla spalla è consigliata”.
Sul fronte della ricerca, “sta emergendo sempre di più come le rotture dei tendini della spalla non sono legate solo a problemi locali, come lo sfregamento del tendine contro l’osso, ma che il tendine si può ammalare – avverte Gumina – e ci sono malattie sistemiche che contribuiscono a rendere il tendine meno vascolarizzato, mi riferisco ad esempio al diabete o all’ipercolesterolemia. Oggi tanti studi ci dicono che queste malattie disturbano il microcircolo periferico e danneggiano il tendine che invece deve essere ben vascolarizzato, così invecchia prima e degenera con una minore resistenza meccanica. Si è anche scoperto come le cattivi abitudini, a tavola e non solo, possono essere deleterie: soprattutto il fumo. C’è una correlazione tra le rotture dei tendini della spalla, in particolar modo, e il tabagismo”.
Una prospettiva nuova è stata aperta nel campo dell’ortopedia dalla medicina rigenerativa articolare. “Alcuni pazienti non hanno più un tessuto da ricostruire e c’è una tale degenerazione che non si può riparare – chiarisce – allora dopo aver provato la strada di piccole pezze di tessuto collageno che però non hanno dato i risultati sperati, ora stiamo puntando all’impiego di tecniche che possano avvalersi delle cellule staminali del grasso addominale e dei tessuti all’interno della spalla. Questi tessuti – conclude – aspirati nel corso di una artroscopia un tempo venivano buttati, oggi invece sono usati proprio durante l’intervento per aiutare il tessuto a guarire e stimolare la ricrescita. Stiamo acquisendo risultati clinici che poi pubblicheremo”.
Questi e altri temi relativi alle nuove frontiere della chirurgia della spalla saranno al centro del congresso. “Aver portato un evento di tale importanza nella Capitale – sottolinea Gumina – è come aver vinto l’assegnazione dei Giochi Olimpici. C’è stato un grande e lungo lavoro dietro a questo successo che premia anche la qualità del nostro lavoro come chirurghi. Abbiamo battuto Harvard-Boston che ci contendeva la sede del congresso”. Sono oltre 2.100 gli iscritti che arrivano da 75 nazioni differenti. “C’è il ‘Gotha’ della chirurgia della spalla e del gomito – continua -. Sono arrivati anche i colleghi cinesi e arabi che di solito non frequentavano congressi occidentali. Non vengono solo per imparare, ma portano anche la loro esperienza in sala operatoria. E’ invece un peccato – chiosa – che non ci siano i russi e gli ucraini”.