(Adnkronos) – Sono saliti a 66 oggi i casi confermati di Dengue, trasmessi localmente in Italia, in aumento rispetto ai 58 notificati la scorsa settimana. E’ quanto emerge dal bollettino della febbre Dengue aggiornato dall’Istituto superiore di sanità (Iss). Sono riferiti a quattro episodi di trasmissione non collegati tra loro in provincia di Lodi, 36 casi confermati, in provincia di Latina, 2 casi, e in provincia di Roma, 27 casi con esposizioni in diverse parti della città metropolitana e un caso ad Anzio, per cui sono in corso indagini per verificare eventuali collegamenti epidemiologici. Tutti i casi, di cui è noto l’esito, sono guariti o in via di miglioramento. Dall’inizio dell’anno sono stati notificati anche 222 casi di Dengue importati da altri Paesi, per un totale di 288. E’ quanto emerge dal bollettino della febbre Dengue aggiornato dall’Istituto superiore di sanità (Iss).
La trasmissione autoctona del virus seppur in presenza di un numero limitato di casi, è in evoluzione, evidenzia l’Iss, ricordando che “proseguono le attività di disinfestazione contro le zanzare e, nelle aree in cui si è verificata una trasmissione locale, sono state attivate tutte le misure preventive previste a tutela di trapianti e trasfusioni”. L’Iss raccomanda di “proteggersi dalle punture delle zanzare durante le ore di massima densità ed evitare tutte quelle situazioni che possano favorire il loro sviluppo”.
Non ha ancora finito il corso di formazione per diventare medico di famiglia ma ha già chiara un’idea: se un paziente ha un problema di salute poco chiaro, bisogna indagare e provarle tutte. Ed è per questo che Valeria Brozzi, 34 anni, dottoressa di famiglia in formazione nel quartiere Balduina di Roma, ha individuato ben 5 casi di Dengue tra i suoi pazienti, sui 66 autoctoni in tutta Italia. “Decisivo è stato il ‘team’ con mio padre, medico di famiglia, con il quale collaboro, in questa fase di formazione ma anche prima che mi laureassi. Insieme abbiamo individuato i casi e seguito i pazienti”, spiega all’Adnkronos Salute.
“Questa estate – racconta – abbiamo avuto le segnalazioni della Asl Roma 1 dopo il primo caso. A fine settembre, poi, abbiamo cominciato a riscontrare pazienti con sintomatologie particolari: febbre che persisteva per alcuni giorni senza scendere mai e con tamponi Covid negativi. Abbiamo cominciato ad indagare, prendendo in considerazione le comunicazioni che erano state precedentemente inviate dalla Asl sulla Dengue. Che si trattasse di una patologia virale era chiaro. La spia si è accesa e abbiamo attivato una collaborazione con lo Spallanzani: se abbiamo un sospetto inviamo il paziente per avere una conferma”.
“La pulce nell’orecchio – continua Brozzi – è arrivata senza dubbio con le segnalazioni della Asl. E ci abbiamo pensato quando ci siamo trovati di fronte a una malattia che non conoscevamo, in una stagione dove sono meno frequenti i sintomi febbrili. Dopo aver osservato i primi due casi, però, è stato chiaro che ci trovavamo di fronte alla Dengue, che si sta diffondendo in maniera importante”.
I 5 pazienti “non hanno avuto grossi problemi perché sono stati presi in carico in tempi rapidi. Sono stati ricoverati dallo Spallanzani e seguiti fino alle dimissioni senza conseguenze”. Due le eccezioni: “Un paziente ancora ricoverato e un altro che non ha accettato il ricovero ed è stato seguito a domicilio, con monitoraggio costante da parte nostra, da mio padre come medico di famiglia e da me come collaboratrice, e dallo Spallanzani. Anche in questo caso tutto è andato bene”, conclude la dottoressa sottolineando l’importanza della formazione “a fronte di questa ‘nuova’ patologia che, è un dato di fatto, comincia a essere diffusa sul territorio. Serve che i medici di famiglia abbiano più formazione specifica”.
“I casi di Dengue finiranno quando si concluderà il periodo di circolazione della zanzara tigre, vettore dell’infezione. Possiamo ipotizzare che questo avverrà, se le temperature si abbasseranno, nelle prime settimane di novembre. Si tratta però di una stima, perché tutto dipende dal clima”. Così Emanuele Nicastri, direttore della Divisione di malattie infettive ad elevata intensità di cura dell’Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, commentando i dati settimanali dell’Istituto superiore di sanità sulla Dengue che evidenziano un trend ancora in salita dei casi autoctoni, passati da 58 notificati nella scorsa settimana a 66.
“Si tratta di una pura stima – chiarisce – perché è legata alle temperature e alla precipitazioni. Le zanzare tigre non sopravvivono al di sotto di certe temperature, e non basta l’umidità portata dalle piogge per consentire loro di rimanere attive”, aggiunge Nicastri sottolineando la necessità, di fronte agli attuali numeri dei casi autoctoni, di formare i medici di famiglia per aiutarli a riconoscere i segni dell’infezione. “A noi arrivano solo i casi segnalati, e molto dipende dalla sensibilità dei medici del territorio. Per esempio, nel Lazio, 5 dei casi diagnosticati, ci sono stati segnalati da un unico medico di famiglia, che aveva avuto modo di formarsi sull’argomento. Questo mi sembra indicativo della necessità di dare indicazioni chiare”.
La ‘coda’ di questa lunga estate, che in alcune Regioni italiane si protrae ancora, “favorisce la circolazione attiva della zanzara tigre” e, quindi, anche dei casi di Dengue autoctoni che oggi, “rappresentano una su tre delle infezioni complessive e si concentrano in Lombardia e Lazio” dice all’Adnkronos Salute Emanuele Nicastri. “La zanzara tigre – continua l’esperto – si trova in un ambiente favorevole quando ci sono periodi caldi con un certo livello di umidità. Per questo era prevedibile che, con queste temperature, i focolai autoctoni, come quelli lombardi e laziali, si mantenessero attivi. Non a caso in questo momento siamo passati da metà settembre, quando erano il 13% i casi autoctoni tra Lombardia e Lazio all’attuale 33%: oggi uno su tre dei casi italiani di Dengue è autoctono e proviene da queste due Regioni”.
Tutto dipenderà ora dalle temperature delle prossime settimane. “Sappiamo che una zanzara che pizzica un paziente infetto dopo circa 10 giorni ne può infettare un altro. Abbiamo, quindi, una ciclicità di comparsa di casi di circa 10-15 giorni in presenza di zanzare attive”, conclude.