(Adnkronos) – Colpisce circa 3 milioni di persone, sebbene con diversi livelli di gravità. È la dermatite atopica, malattia infiammatoria cutanea a carattere cronico-recidivante, che può presentarsi, peggiorando o regredendo, per alcuni mesi, anni o per tutta la vita. E oggi, in occasione della Giornata mondiale della dermatite atopica, su iniziativa dell’onorevole Ilenia Malavasi, l’Associazione nazionale dermatite atopica (AndeA) ha tenuto una conferenza stampa alla Camera per sensibilizzare verso una patologia che ha un forte impatto negativo sulla qualità di vita e sulla salute psicologica dei pazienti a causa di prurito costante, mancanza di sonno, perdita di produttività, autoisolamento, depressione, ansia, stress e stigma sociale. Obiettivo dell’iniziativa: rinnovare ulteriormente la necessità e l’importanza dell’inserimento della dermatite atopica all’interno del Piano nazionale cronicità e nei Livelli essenziali di assistenza (Lea). La conferenza stampa è il momento clou di una serie di appuntamenti webinar che AndeA), in collaborazione con Fb&Associati, ha promosso in questi giorni con i massimi esperti.
“L’Associazione nazionale dermatite atopica – ricorda Mario Picozza, presidente di AndeA – è stata costituita nel 2017 e, da allora, tre sono i principali obiettivi perseguiti: sostenere la persona con dermatite atopica e la sua famiglia e i caregiver, sensibilizzare l’opinione pubblica e instaurare un dialogo costante con il mondo politico-istituzionale e con la comunità scientifica, per un futuro di salute e benessere. Sono stati stimati in più di 3 milioni, nel nostro Paese, colpiti dalla patologia ed è per loro che il cammino intrapreso da AndeA non si arresterà, è a loro che dobbiamo un intervento concreto”.
Recenti studi – si legge in una nota – ci dicono che in Europa le forme moderate o gravi di dermatite atopica, prendendo in considerazione solo gli adulti, una minima parte della platea totale, comportano costi sociali annuali stimati in circa 30 miliardi di euro, di cui 15,2 miliardi di euro sono correlati a giornate lavorative perse o a una produttività ridotta. Nonostante ciò, molti pazienti affetti da questa condizione ricevono una cura insufficiente, con conseguenti sintomi incontrollati e un ulteriore aggravio per i pazienti stessi, la società e l’economia. In Italia, per la stessa tipologia di pazienti, il costo annuo mediano è stato stimato in più di 4 mila euro pro-capite.
“Ho voluto organizzare in Parlamento un evento che celebrasse la Giornata mondiale della dermatite atopica – dichiara Malavasi – una patologia che coinvolge il 20% del totale della popolazione. Da sempre ho manifestato la mia vicinanza ai pazienti affetti dalla patologia, rappresentati da AndeA. Soltanto pochi mesi fa ho depositato un’interrogazione al ministro della Salute per chiedere l’inserimento della patologia nel piano nazionale della cronicità e nei livelli essenziali di assistenza: due azioni fondamentali per garantire una migliore presa in carico dei pazienti, uniformità ed equità di accesso alle cure”.
“Elevati sono i costi, diretti e indiretti, legati alla dermatite atopica, che ciascun paziente è costretto a sostenere autonomamente – continua la senatrice Elisa Pirro, componente della X Commissione (Affari Sociali, Sanità, Lavoro pubblico e privato, Previdenza Sociale) del Senato – Appare unanime, dalla voce dei clinici e dei pazienti, intervenire prioritariamente sui livelli essenziali di assistenza: l’emanazione del nomenclatore tariffario è stato un passo importante, ma non sufficiente. È indispensabile, difatti, procedere all’aggiornamento del Dpcm del 2017, affinché la dermatite atopica – patologia finora trascurata – sia inserita nell’allegato 8 per l’esenzione ticket delle prestazioni specialistiche connesse”.
L’incontro, che ha visto la partecipazione anche dei rappresentanti delle tre società scientifiche di riferimento (Adoi, Sidapa e Sidemast) ha portato a valorizzare il lavoro delle Istituzioni e della comunità scientifica a sostegno dei pazienti che sono colpiti dalla patologia e rappresenta un esempio concreto di come le associazioni pazienti, società scientifiche e istituzioni possano collaborare per migliorare la qualità della vita dei pazienti e garantire un futuro sostenibile al Ssn, assicurando universalità, uguaglianza e equità nel trattamento delle patologie, senza trascurare alcun paziente e fornendo loro il supporto e l’assistenza adeguati.
“Come per la maggior parte delle patologie dermatologiche – sottolinea Maria Concetta Fargnoli, vicepresidente Sidemast – i pazienti atopici sono costretti a trattamenti a lungo termine, spesso per l’intero corso della vita. Per le forme lievi e lievi-moderate della malattia – circa l’80% del totale dei casi – si prevede un trattamento di tipo topico, che determina un importante fenomeno di mancata aderenza alla terapia. L’aderenza al trattamento locale è, difatti, sempre più problematico rispetto all’aderenza al trattamento sistemico. Pertanto, è indispensabile educare i pazienti con dermatite atopica e creare un link tra medico e paziente”. “Fondamentale – aggiunge Francesco Cusano, presidente Adoi – avviare un percorso, a livello istituzionale, per il riconoscimento giuridico della patologia, affinché i pazienti che ne sono affetti possano essere supportati nel sostenere le ingenti spese per le cure essenziali. Appare, inoltre, indispensabile garantire a livello nazionale dei criteri generali di gestione della patologia, attraverso linee guida nazionali inserite nel Sistema nazionale linee guida dell’Istituto superiore di sanità, da cui sia possibile ricavare dei Pdta a livello territoriale”.
“Troppo frequentemente viene trascurato l’elevato impatto che la dermatite atopica determina sulla qualità di vita dei pazienti – rimarca Paolo Romita, consigliere della Sidapa – stress psicologico, privazione del sonno, rischio di ansia e depressione, ma anche stigma sociale sono importanti aspetti connessi alla patologia, ma enormemente sottovalutati. Le società scientifiche, insieme all’associazione dei pazienti, possono svolgere un importante ruolo in tal senso”. Occorre, quindi, “avviare un’importante azione di sensibilizzazione e informazione, facendo comprendere come la vita dei pazienti con malattie dermatologiche croniche e gravi sia condizionata dagli effetti di tali patologie, non solo a livello psicologico”, conclude.