(Adnkronos) – “Non possiamo pensare solo a quello che esprime clinicamente la malattia con la perdita” di peli e capelli “anche solo nel giro di una notte” e “l’impatto psicologico importante sui pazienti. L’alopecia areata, che non è ancora riconosciuta nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), può essere spia di altre patologie come la tireopatia, la celiachia, la gastrite cronica, malattie che non si vedono, ma che devono essere sempre ricercate in questi pazienti”. Lo ha detto Alfredo Rossi, professore associato dell’università Sapienza Roma e Clinica dermatologica, policlinico Umberto I, questa mattina intervenendo alla conferenza stampa organizzata a Roma, nella Giornata nazionale dell’alopecia areata, dalle principali associazioni dei pazienti (Aipaf, Anaa e Anmaa), in collaborazione con Fb&Associati, a cui hanno partecipato i rappresentati delle società scientifiche (Adoi e Sidemast) e delle istituzioni.
Ci sono delle importanti novità sull’aspetto clinico. “Fino a ieri – spiega Rossi – utilizzavamo in terapia alcuni immunosoppressori, cortisonici, metotrexato o ciclosporina, ma oggi sapendo l’innesco patogenetico possiamo andare con farmaci mirati contro la patologia con minori effetti collaterali e maggiori effetti terapeutici, con il 50% di remissione”. Le nuove terapie mirate, sono una “grossa arma per il clinico e un’opportunità per il paziente che – osserva lo specialista – deve rivolgersi al medico competente per intraprendere la terapia che possa portare a remissione completa”, perché spesso, si è ricordato nel corso dell’evento, gli stessi medici di medicina generale non conoscono in modo approfondito la malattia.
“Studi futuri – riflette Rossi – ci spiegheranno come mantenere la remissione ed evitare che questi pazienti” vivano in solitudine, “alienati. Molti – aggiunge – non arrivano al matrimonio perché la condizione fisica – la perdita dei capelli, ndr – compromette le relazioni amorose”. Ma anche “in campo lavorativo ci possono essere problemi” per un sentimento di inadeguatezza e stigma. L’alopecia areata, “non è solo una patologia autoimmune – ribadisce Rossi – C’è un aspetto sociale che dobbiamo affrontare. E’ una condizione che porta a ridurre autostima, a chiudersi in un silenzio e in un isolamento che non porta a compiere” al meglio “il proprio percorso di vita”.