(Adnkronos) – “L’evoluzione del trattamento dell’emofilia, nell’ultimo decennio, ha portato notevoli miglioramenti nella vita del paziente. Un primo progresso è stato ottenuto con i prodotti a lunga emivita che hanno permesso ai pazienti in regime di profilassi di infondersi intravena un minor numero di volte. Successivamente, l’utilizzo di un nuovo farmaco, a somministrazione sottocutanea, ha reso ancora più semplice la profilassi, soprattutto nei pazienti più piccoli nei quali è stata eliminata la necessità di impiantare dispositivi di accesso venoso, come il port-a-cath. Tale farmaco inoltre è stato dimostrato essere molto efficace nella profilassi delle emorragie nei pazienti con e senza inibitore. Ma la svolta si è ottenuta con la terapia genica”. Così Flora Peyvandi, direttore del Centro emofilia e trombosi ‘Angelo Bianchi Bonomi’ del Policlinico di Milano, in occasione del convegno “Progressi della ricerca e carenze dell’assistenza alle Mec”, promosso oggi a Roma dalla Federazione delle Associazioni emofilici (Fedemo), in occasione della XIX Giornata mondiale dell’emofilia.
“Con un’unica infusione – spiega Peyvandi – è possibile raggiungere la protezione dalle emorragie per diversi anni. In un futuro molto prossimo, questa nuova terapia potrà rientrare tra le opzioni terapeutiche a disposizione delle persone con emofilia in Italia, visto che nel 2022, l’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, ha concesso l’approvazione condizionata, e quindi con maggiori garanzie, a due farmaci di terapia genica per l’emofilia A e per l’emofilia B”. L’evoluzione “nel campo terapeutico – prosegue l’esperta – sta contribuendo a modificare la gestione complessiva delle persone con emofilia e a rivedere il compito degli specialisti. La vasta gamma di prodotti ora a disposizione e in particolare l’uso della terapia genica, impone ai medici non solo di essere ben preparati, ma di discutere con ogni singolo paziente, secondo le sue esigenze individuali, quale sia la terapia più adatta, rendendo i pazienti, o i genitori dei pazienti più piccoli, più consapevoli e partecipativi nel loro percorso di cura”.
Inoltre, “le linee guida internazionali – evidenzia Peyvandi – raccomandano che i pazienti siano assistiti da un team multidisciplinare di professionisti sanitari specializzati nel campo delle malattie emorragiche. Nel centro Bianchi Bonomi del Policlinico abbiamo recepito e fatto nostri questi principi. Abbiamo iniziato un processo di collaborazione tra medici e pazienti volto all’accrescimento della conoscenza reciproca”. Un team multispecialistico “è impegnato in colloqui con il singolo paziente o con i genitori di pazienti pediatrici, per comprendere al meglio l’esperienza individuale del paziente, quali siano i suoi bisogni quotidiani e come vive la sua malattia per offrire la miglior strategia terapeutica legando il piano terapeutico alla sfera personale e sociale”, conclude.