(Adnkronos) – “Viviamo molto più a lungo che in passato. Come siamo arrivati a questo punto? Grazie alla scienza, alla ricerca, al sapere umanistico e allo sviluppo tecnologico. Abbiamo ridotto i rischi in ogni area delle nostre vite e dovremmo saper fare lo stesso anche con il fumo. Con la conoscenza che abbiamo possiamo apportare enormi cambiamenti alla storia della sanità pubblica” e ridurre il danno da fumo “con prodotti meno pericolosi”. Così David T. Sweanor J.D., presidente del comitato consultivo del Centro per il diritto, la politica e l’etica sanitaria dell’università di Ottawa (Canada), nel suo intervento in occasione della sesta edizione del summit ‘Riduzione del danno da tabacco: nuovi prodotti, ricerca e policy’ che si è concluso in questi giorni ad Atene. Si è trattato di un momento di confronto e dibattito sul tema promosso da Scohre, associazione scientifica internazionale di esperti indipendenti sul controllo del fumo e sulla riduzione del danno, che ha coinvolto oltre 250 esperti provenienti da tutto il mondo.
Sweanor ha poi sottolineato la necessità di spingere i Governi, le agenzie sanitarie e l’industria del tabacco a raccogliere i dati disponibili sulla riduzione del danno da fumo. “La gente – ha spiegato – compra sigarette ogni giorno e ogni giorno abbiamo la possibilità di intervenire offrendo un prodotto meno pericoloso, che non danneggi le persone intorno a noi e che crei meno dipendenza; e possiamo fare in modo che sia disponibile con informazioni più accurate sul rischio relativo”.
“Circa 250 milioni di persone stanno cercando di smettere di fumare sigarette” ha osservato Andrzej Fal, presidente della Società di sanità pubblica polacca, direttore del Dipartimento di allergie, malattie polmonari e medicina interna dell’ospedale clinico centrale del ministero dell’Interno e direttore dell’Istituto di Scienze Mediche presso l’università Cardinale Wyszyński di Varsavia. “Sostenerle – ha proseguito – dovrebbe essere la principale preoccupazione della Cop10 (la conferenza delle parti della Convenzione quadro sul controllo del tabacco-Fctc in programma a Panama a novembre, ndr) ma temo che non sia così. Per fermare la pandemia del fumo e i suoi effetti finanziari e sulla salute, dobbiamo aumentare i fondi per la prevenzione primaria e introdurre una normativa ‘meno danni, meno tasse’”.
Eppure, esempi di politica sanitaria che vanno in questa direzione non mancano. Come ha ricordato Konstantinos Farsalinos, professore aggiunto presso la King Abdulaziz University in Arabia Saudita e ricercatore senior all’Università di Patrasso e presso la Scuola greca di sanità pubblica dell’università dell’Attica occidentale, “oggi la Svezia è l’unico Paese al mondo senza fumo nonostante il tasso di consumo di nicotina sia simile alla media europea (circa il 24%). Tuttavia – ha aggiunto Farsalinos – in Svezia la stragrande maggioranza del consumo di nicotina proviene dal tabacco ‘snus’ (tabacco umido in polvere per uso orale, ndr), mentre in Europa proviene dalle sigarette. E cosa ha fatto l’Unione Europea? Ha vietato il tabacco da ‘snus’. È incredibile, è uno scandalo per la salute pubblica”.
Sulla necessità di informare correttamente i consumatori sulle prove scientifiche, al fine di contrastare la disinformazione sui prodotti senza combustione, è intervenuto Martin Cullip, ex direttore d’azienda e international fellow del Taxpayers protection alliance consumer center, che da oltre un decennio scrive e tiene blog su temi legati al libero mercato e allo stile di vita dei consumatori. “Non possiamo permettere – ha concluso Cullip – che questi prodotti vengano vietati ora, come sembra auspicare l’Organizzazione mondiale della sanità, perché dovremo aspettare circa 60 anni prima di poterli riavere”.