(Adnkronos) – “Riconosciamo una certa diffidenza da parte del mondo accademico” sull’omeopatia, “ma a differenza degli anni ’90 oggi ci sono studi e, se l’81% degli italiani è soddisfatto dalla cura omeopatica, qualcosa di vero deve esserci”. Lo sottolinea Bruno Galeazzi, medico internista, presidente Fiamo (Federazione italiana associazioni e omeopati italiani), intervenendo all’evento online di presentazione del sondaggio ‘Omeopatia: conoscenza e utilizzo in Italia’, condotto da Harris Interactive per Boiron.
“Quando vediamo che il 40% degli italiani si rivolge al farmacista, e una percentuale simile al medico – continua l’esperto – si vede che l’informazione è importante, ma che anche l’aspetto formativo, per medici e farmacisti, è centrale. Informazione e formazione sono parole chiave. Come omeopati cerchiamo di dare, attraverso varie iniziative, una informazione il più possibile corretta, che evidenzi potenzialità e limiti, perché la persona deve esserne bene a conoscenza per fare una scelta consapevole. Nel momento in cui aiutiamo il paziente a comprendere il percorso di cura, vi aderisce con maggiore consapevolezza e c’è un beneficio anche in termini di efficacia”.
Sulla formazione, “riconosciamo una certa diffidenza da parte del mondo accademico e questa è una a distanza che va colmata lavorando sulla ricerca – precisa Galeazzi – Medici, farmacisti e veterinari sono inseriti perfettamente nel modello One health dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), dove l’ecosistema è correlato alla vita umana. Per loro ci sono le scuole, con percorsi post laurea che sono riconosciuti e previsti da un accordo Stato-Regione. Sarebbe importante, però, che lo studente di Medicina potesse ricevere una minima informazione sulle medicine integrative nel corso di laurea, perché fanno parte del corpus della conoscenza della medicina. La settimana scorsa – ricorda – all’Oms si è parlato del documento sulle medicine complementari e si è proposto di prolungarne la validità fino al 2025. A livello internazionale c’è sostegno”.
Inoltre, “negli ultimi 20 anni – rimarca il presidente Fiamo – è sta fatta la ricerca di base su caratteristiche fisico-chimiche del preparato omeopatico e nell’80% dei casi, investigando anche ultra-diluizioni omeopatiche con spettroscopia, si è visto che ha caratteristiche fisico-chimiche diverse dal controllo, quella definita ‘acqua fresca’”.
“Studi di laboratorio sui preparati omeopatici – prosegue il medico – hanno evidenziato che c’è un effetto significativo e riproducibile. Ci sono più revisioni sistematiche in ambito clinico, soprattutto negli ultimi anni, che sono tutte positive, con un grado di evidenza, rispetto al placebo, che aumentano in base all’efficacia. La ricerca clinica è importante – rimarca Galeazzi – Si trascina un certo pregiudizio dagli anni ’90, quando queste ricerche non erano disponibili. Con un dialogo ragionando sui numeri, superando i pregiudizi, possiamo arrivare a una valutazione più obiettiva”.
L’indagine evidenzia che l’86% conosce l’omeopatia non solo per sentito dire. “E’ un ottimo dato – conclude il presidente di Fiamo – ma è abbastanza comprensibile che solo il 25% ammetta di saperne parlare in modo corretto: è una disciplina medica, anche a parlare di cardiologia un paziente si sentirebbe in imbarazzo”.