(Adnkronos) – Si avvicina il giorno del parto per Somaya e sale la preoccupazione. A Gaza i bombardamenti continuano e lei si chiede dove nascerà il suo bambino. Sfollata due volte con la sua famiglia da quando sono iniziati i raid, è ora rifugiata in una scuola vicino alla città di Deir al Balah, nel centro della Striscia di Gaza. Dovrebbe partorire tra 5 giorni, secondo quanto riporta all’Adnkronos Salute l’organizzazione internazionale ActionAid che ha raccolto la sua testimonianza.
“I miei figli urlano tutta la notte, mentre ci bombardano – racconta Somaya – Sono incinta. Il 28 del mese dovrei partorire, con un parto cesareo. Dove devo andare? Dove nascerà? Quando il bambino nascerà, dovrà nascere in un luogo pulito. Dov’è la pulizia? Cosa possiamo fare?”, si chiede. La donna è anche diabetica e le sue medicine – sempre secondo quanto riferisce ad ActionAid – si sono esaurite, mettendo in pericolo la sua stessa vita. “Ogni volta che prendo una dose di insulina, con questo caldo, sembra che si rovini. Ogni volta che prendo una dose, mi sento più stordita. Devo tenere sotto controllo la pressione e la glicemia. Ora siamo rifugiati in una scuola. Dove devo andare per controllarla? Quest’acqua è acqua di mare salata – continua – dobbiamo berla perché non riusciamo a trovare acqua pulita. E questi bambini piccoli non possiamo pulirli o fargli il bagno perché abbiamo paura che si ammalino. Non sappiamo cosa fare, solo Dio è al nostro fianco”.
Da giorni le organizzazioni umanitarie chiedono forniture mediche e carburante per gli ospedali di Gaza, che dipendono da generatori a combustibile per l’elettricità. “Bambini, pazienti, neonati in incubatrice, donne incinte perderanno la vita se non verrà fornito”, avverte ActionAid appellandosi alla comunità internazionale e segnalando l’intensificarsi della catastrofe umanitaria nel territorio assediato. Le Nazioni Unite hanno dichiarato che la vita di almeno 120 neonati nelle incubatrici degli ospedali di Gaza è a rischio a causa dell’esaurimento del carburante.