(Adnkronos) – Puntare sulla ricerca scientifica e promuovere la prevenzione nel campo delle malattie infettive. Sono i due fronti d’azione della nuova direzione dell’Inmi Spallanzani di Roma, diventato durante la pandemia Covid la prima linea a cui guardavano gli italiani per sentirsi rassicurati prima sui contagi e poi sulle ‘armi’, dai vaccini agli antivirali. Ora le redini dell’Istituto sono state prese da Angelo Aliquò che ha le idee molto chiare sul presente e il futuro dello Spallanzani.
“Dal presidente del Lazio Francesco Rocca mi è stato dato un mandato chiaro: continuare ad ampliare le attività dell’Istituto, dalla ricerca all’assistenza, partendo da ciò che di buono è stato fatto nello scenario della sanità pubblica – chiarisce Aliquò all’Adnkronos Salute – Non potendo escludere, ma speriamo proprio di no, altre pandemie, continueremo anche ad occuparci di Covid. Ma dobbiamo anche essere consapevoli che non ci sono solo i virus da contrastare, ma anche le infezioni ospedaliere da batteri resistenti. Il ‘brand’ Spallanzani va utilizzato con sapienza – sottolinea il direttore generale – rimarcando quello che è stato fatto e continuando ad investire nella ricerca clinica, oltre a quella di laboratorio. L’Inmi è stato in prima linea durante la pandemia Covid e continuerà ad essere un punto di riferimento, magari diventando anche un polo didattico per spiegare che i vaccini, tutti e non solo l’anti-Covid, non sono qualcosa di pericoloso”.
Lo Spallanzani si è caratterizzato negli ultimi anni per una grande apertura sul territorio della Capitale. “Vogliamo implementare questa caratteristica – evidenzia il Dg – Abbiamo già incontrato alcune associazioni che si occupano di malattie sessualmente trasmesse e vogliamo offrire loro un luogo in cui confrontarsi con i nostri specialisti, avvicinando il più possibile chi ha difficoltà o paura ad affrontare questo tipo di problema. Lo faremo con la prevenzione, ma anche con la cura”.
Il tema della ricerca e dell’assistenza si scontra spesso con quello delle risorse per la sanità pubblica. Il direttore Aliquò ha alle spalle una lunga esperienza. Arriva allo Spallanzani dopo la direzione dell’Asl di Frosinone, ma è si è occupato di organizzazione sanitaria per vent’anni. E’ stato direttore generale della Seus 118, dell’Asp di Ragusa e ha guidato l’Irccs Neurolesi Bonino-Pulejo di Messina. “Dopo vent’anni di lavoro ho un’idea chiara – afferma – L’enorme aumento della cronicità, che corrisponde ad una maggiore sopravvivenza della popolazione, si intreccia con quello dei costi rilevanti per l’assistenza. Non voglio far riferimento agli sprechi, che in questo settore non dovrebbero esserci, e neanche alla chiusura degli ospedali che abbiamo visto con la pandemia sono stati determinanti, ma è chiaro che dobbiamo trovare le risorse per la sanità pubblica non tutte necessariamente all’esterno”.
“Si può investire una quota parte dei fondi nell’aumento della prevenzione – precisa il Dg – Porto un esempio: lo screening del tumore del colon può farci arrivare a risparmiare non meno di centinaia di migliaia di euro che si spenderebbero per il percorso di cura del paziente. Senza contare che si eviterebbero a lui e alla famiglia tante sofferenze. Il problema è che riusciamo a scovare pochissimi tumori in anticipo. Le cose potrebbero cambiare se facessimo una prevenzione obbligatoria”.
Si avvicina la Manovra e si parla di carenza di risorse per il Servizio sanitario nazionale. Su questo tema sembra esserci una condivisione di intenti anche da esponenti politici di aree differenti. “La sanità – osserva Aliquò – non è né di destra né di sinistra, ma delle persone. I padri costituenti avevano immaginato un sistema pubblico universale e tutti dovremmo contribuire a questo obiettivo. Ma dobbiamo anche iniziare a ragionare in modo diverso, ad esempio pensare che se ho un reddito alto posso anche contribuire in parte alle spese nel caso mi dovessi rompere una gamba e andare in pronto soccorso. A differenza di chi, con un reddito minore, potrebbe continuare a ricevere le cure gratuitamente”.