(Adnkronos) – La grave e rara malattia della piccola Indi Gregory, morta nella notte di oggi a soli 8 mesi, “era diagnosticabile già in utero: con una ecografia si ha già il primo campanello di allarme poi si procede con l’esame dell’esoma – la parte del nostro Dna che ci costituisce – sul liquido amniotico e sul sangue dei genitori per i necessari confronti bioinformatici. Con questo esame si sarebbe fatta perfettamente la diagnosi e si sarebbe risparmiata questa grande angoscia per la sua sofferenza che ci ha tenuti tutti con il fiato sospeso fino ad oggi”. Lo spiega Claudio Giorlandino, presidente della Sidip, Società italiana di diagnosi prenatale e medicina materno fetale.
“Solo oggi, che il naturale evento ha portato a compimento ciò che era già scritto, si può commentare l’accaduto con serenità e mestizia. Indi era portatrice di una forma genetica gravissima che determina la totale ed irreversibile inattivazione dei mitocondri di diversi organi ed apparati, impedendo alle cellule di sopravvivere e questo avviene soprattutto in quelle cerebrali giacché nel cervello queste, più di tutte, hanno bisogno che i mitocondri, gli organuli che producono energia, funzionino perfettamente”, spiega l’esperto.
“Quindi ci si deve immaginare come questa bambina si sia trasformata progressivamente in un esserino puramente vegetale e come sia stata una crudeltà tenerla in vita contro ogni logica e umanità prolungandone solo quella sofferenza, che anche un organismo neurologicamente così compromesso, privo di coscienza razionale, potrebbe comunque avvertire dal punto di vista sensoriale. Non sarebbero esistite cure né in Inghilterra, né in nessun altro Paese”.
“La patologia della quale era affetta la piccola Indi determina danni ben evidenti a livello dell’encefalo. Il fenotipo prenatale presenta dei segni eco graficamente molto visibili a livello cerebrale: quali delle voluminose cisti colliquative, ventricolomegalia, corpo calloso sottile, mega cisterna magna e cavità di grandi dimensioni. Pur essendo noti e documentati dagli studi europei Europeristat, i grandi limiti della medicina materno fetale britannica, stupisce come non se ne siano avveduti. Diagnosi prenatali di patologie cerebrali così evidenti, da noi, sono alla portata anche di centri di primo livello, di ginecologi ancora in formazione. Ovviamente tali quadri vengono poi indirizzati verso approfondimenti specifici per giungere alla precisazione diagnostica”, aggiunge il presidente Sidip.
“Recentemente un ultimo caso riportato in letteratura a fine novembre dello scorso anno, fu perfettamente diagnosticato con metodica Whole ExomeSequencing sul liquido amniotico, presso il Nizam’s Institute of Medical Sciences di Hyderabad, in India. Qui i genitori non richiesero l’interruzione di gravidanza ma, ben informati sulla inesorabile fine e la terribile sofferenza di queste creature, decisero insieme ai medici che il piccolo tornasse serenamente al Padre celeste, senza assistenza medica o accanimento, senza contese internazionali e senza alcun clamore mediatico, dopo soli 3 giorni dalla nascita”, conclude Giorlandino.