(Adnkronos) – Lui, lei e il virus dell’influenza. Cosa succede quando febbre e raffreddore irrompono nella coppia? Un’indagine accende una luce sull’intimità della malattia respiratoria vissuta dall’uomo e dalla donna. Ed emerge che lui più spesso si precipita a letto e riposa (11,9% contro 7%), lei resta a casa ma corre ai ripari con automedicazione e rimedi ‘saggi’ (58,6% contro 38,8%). Il medico di famiglia? Si chiama solo se non ci sono miglioramenti, risponde lei in quasi 6 casi su 10. Mentre lui in misura maggiore preferisce far scattare subito la telefonata (21,9% contro 17,2%). Sulle scelte terapeutiche i maschi inciampano di più: oltre il doppio (5,2% contro 2,3%) rispetto alle donne, di fronte a comuni infezioni respiratorie virali e all’influenza prenderebbe erroneamente subito un antibiotico, perché “passa prima”. Il ritratto emerge da una ricerca condotta da Human Highway per Assosalute (Associazione nazionale farmaci di automedicazione, parte di Federchimica) e tocca annose differenze di genere su cui si dibatte da sempre.
E’ ormai una convinzione diffusa, spunto per battute e facili ironie: se un uomo incappa nell’influenza, non appena il termometro segna qualche linea di febbre, finisce Ko, steso sotto strati di coperte. I principali dizionari d’inglese hanno persino una voce ad hoc: ‘man flu’, intesa come “una malattia simile a un raffreddore che non è grave ma che la persona che ne è affetta considera più grave, e di solito questa persona è un uomo”, si legge per esempio su quello di Cambridge. La scienza ha indagato, approdando a conclusioni talvolta contrastanti.
Quello che colpisce il virologo Fabrizio Pregliasco, commentando all’Adnkronos Salute i dati dell’indagine, è in particolare lo scivolone sull’antibiotico. “C’è uno ‘zoccolo duro’ di persone, soprattutto fra i maschi, che usano un ‘cannone’ terapeutico quando non serve”, riflette chiamando in causa anche “tutte le problematiche dell’antibioticoresistenza” correlate a questo uso improprio. “Le vaccinazioni – osserva – possono ridurre anche questo ricorso inappropriato all’antibiotico, perché riducono il problema dei sintomi e il rischio di sovraprescrizioni mediche”, magari in risposta a richieste accorate di pazienti che accusano pesantemente il colpo dell’influenza.
L’indagine continua il raffronto uomo-donna, e si scopre che se la febbre è molto alta ancora una volta quasi il doppio dei maschi rispetto alle femmine correrebbe in pronto soccorso (4,4% contro 2,3%). L’uomo vince in praticità: meglio vaccinarsi, così certamente non ci si ammala, è la scelta indicata da un numero ben più elevato di intervistati maschi (9,8% contro 5,9%). Le donne sono più sostenitrici del ricorso ai farmaci di automedicazione: il 58,6% (20 punti percentuali più degli uomini) ritiene che le cose più sagge siano riposo, farmaci da banco e contatto del medico solo se non ci sono miglioramenti. Gli uomini tendono invece a “comportamenti meno consapevoli e autonomi, se non avventati oppure noncuranti”, descrivono gli autori della ricerca. E il riferimento è anche a un altro dato: sono loro che in misura maggiore – 4,6% contro 3,2% – continuerebbero con la vita di sempre (lavoro, vita sociale, sport) senza far nulla. Un mondo quello maschile pieno di contrasti, dunque.
Ma il brodo di pollo e il latte caldo mettono tutti d’accordo, appianando ogni gap di genere. Entrambi i sessi, infatti, nella stessa misura scelgono ‘l’aiuto dalla tavola’, cioè un cambio di alimentazione aumentando liquidi e vitamine. “Che poi il ricorso alle proteine del pollo e del latte ha una sua ratio – ragiona Pregliasco – Quando si sta male può esserci inappetenza e questi sono alimenti che le persone gradiscono di assumere maggiormente”.
Un grafico generale mostra come si è evoluta la scelta dei rimedi utilizzati in risposta ai primi sintomi influenzali. Negli ultimi anni gli integratori alimentari e le vitamine hanno scalzato le bevande della nonna (brodo, latte caldo e tisane), ma anche gli antibiotici, i quali però restano sempre il terzo rimedio più utilizzato in caso di influenza (nel 16% dei casi), in particolare tra gli uomini (20,2%) e tra i giovani (29%).
Cosa accenda le differenze uomo-donna di fronte all’influenza non è ancora stato pienamente spiegato. Gli studi però continuano, e sull’onda delle loro conclusioni si assiste a continui colpi di scena e ribaltamenti. Il più recente, a fine 2022, è un lavoro austriaco che ha concluso che non ci sono evidenze a supporto di una definizione di ‘influenza maschile’, perché dai dati raccolti le donne hanno riportato un carico di sintomi soggettivi di rinosinusite acuta più elevato. Ma allo stesso tempo gli autori segnalavano che le donne si erano riprese più velocemente rispetto agli uomini. Un dato, questo, confermato anche da un sondaggio, dal quale era emerso che gli uomini impiegano in media 3 giorni a riprendersi da malattie simil-influenzali rispetto a 1,5 giorni che è il tempo di ripresa segnalato invece dalle donne.
In passato, però, le prove dell’esistenza di una diversa sindrome per lui, che giustificasse tale maggiore ‘abbattimento fisico’, erano state trovate e portate all’attenzione del grande pubblico. L’assoluzione era contenuta in uno studio pubblicato sul ‘British Medical Journal’. L’influenza maschile, era la tesi, esiste davvero. L’autore, un ricercatore di un ateneo canadese, aveva passato in rassegna ricerche precedenti sul tema e concluso che i virus stagionali colpiscono lui più di lei, con sintomi più gravi per via di una risposta immunitaria più debole a questo tipo di attacchi da parte dell’organismo maschile. Alcuni dei lavori esaminati in questa revisione, condotti sui topi, suggerivano anche il meccanismo: il testosterone – secondo l’ipotesi avanzata – potrebbe ‘smorzare’ la risposta immunitaria all’influenza, mentre alcuni ormoni sessuali femminili potrebbero potenziarla. Quindi, era il monito, attenzione a considerare gli uomini influenzati dei ‘malati immaginari’.